Le indagini sulla morte di Giulio Regeni non si fermano. Altri cinque 007 egiziani nel mirino della Procura di Roma.
ROMA – Cinque 007 egiziani sono finiti nel mirino della Procura di Roma per la morte di Giulio Regeni. Secondo quanto riportato dall’Ansa, si tratta di colleghi degli ufficiali già iscritti nel registro degli indagati nel dicembre 2018.
Nella rogatoria di 12 punti inviata nel maggio 2019 al Cairo si fa riferimento a queste persone che avrebbero un ruolo nella morte del giovane ricercatore italiano. La richiesta di Roma era quella di “mettere a fuoco il ruolo di altri soggetti della National Security che risultano essere in stretti rapporti con gli attuali cinque indagati“.
Conte: “Non sono informato sui fatti”
I dettagli dell’ultimo incontro con la Procura non sono stati riferiti al premier Conte: “Non sono aggiornato su quanto accaduto – ha detto il presidente del Consiglio citato dall’Ansa – ho letto qualche agenzia. Da un incontro non è che ne deriva automaticamente un riposizionamento dell’Italia. Si tratta di una questione da seguire con la massima attenzione, non rimaniamo affatto indifferenti, ora acquisirò anche maggiori informazioni. Non è che c’è un’automatica e biunivoca corrispondenza tra la Procura della Repubblica e Palazzo Chigi, non sono informato su quanto successo esattamente“.
Di Stefano: “L’ambasciatore non è una pedina di scambio”
Sulla vicenda è intervenuto anche a Radio 24: “Non credo che il ritiro dell’ambasciatore sia una soluzione, non l’ho mai creduto per un semplice motivo. L’ambasciatore è sostanzialmente il rappresentante del suo Paese in un altro Paese. Se si toglie l’ambasciatore di fatto si finisce di dialogare, ma a noi interessa perché dobbiamo avere la verità su Regeni. Le pressioni si fanno in mille modi, non si fanno certamente togliendo l’ambasciatore. Ha un senso l’ambasciatore in un Paese, non è una pedina di ricatto“. E la vicenda nelle prossime settimane avrà importanti novità.