1 febbraio 1979, l’ayatollah Khomeyni rientra a Teheran dopo 15 anni di esilio

Il 1° febbraio 1979 Ruhollah Khomeyni sbarca a Teheran al culmine della rivoluzione che cacciò Reza Pahlavi. L’ayatollah diventa la guida suprema del regime teocratico.

Quando si concretizza la rivoluzione, Ruhollah Khomeyni rientra in Iran dopo un lungo esilio.

La cacciata di Reza Pahlavi

Nel 1953, nel Paese persiano assume i poteri Mohammad Reza Pahlavi. Lo scià riprese così l’opera di laicizzazione del paese e di contrasto, già avviato dal padre, dell’impronta religiosa che il “clero” voleva caratterizzasse non superficialmente l’Iran.
Khomeyni si oppone con decisione a questa politica – che aveva comportato tra l’altro la statalizzazione dei vasti beni waqf – e nel 1963 organizza una congiura contro lo scià: complotto che fallisce, costringendo l’Ayatollah all’esilio, dapprima in Turchia, quindi in Iraq e infine in Francia, a Parigi.

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La rivoluzione del 1979

Alla fine degli Anni Settanta, in Iran crebbe l’opposizione al Governo, accusato di una dura repressione. Khomeyni, dalla Francia, fomentò la rivolta in attesa dell’occasione di dar vita a una rivoluzione. A gennaio Reza Pahlavi fu costretto alla fuga, al culmine della rivolta. L’1 febbraio 1979 Khomeyni sbarcava a Teheran dopo circa sedici anni, instaurando una “repubblica islamica”, diventandone la guida spirituale.
Il suo governo fu ispirato alla religione islamica secondo un’ottica sciitaduodecimana, e fu impostato in ossequio a uno stretto approccio fondamentalista.