Arrestati i tre 20enni per violenza sessuale, uno indagato. Trovato nel garage il reggiseno della 13enne appeso come un trofeo.
Lo scorso ottobre alla periferia di Cerignola (Foggia) una ragazzina di 13 anni è stata drogata e stuprata all’interno di un box garage da tre ragazzi di 20 anni, di cui solo uno aveva conosciuto sui social. Nella giornata di ieri, 18 gennaio, la Polizia ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, per i tre colpevoli che dovranno rispondere alle accuse di violenza sessuale e cessione di sostanza stupefacente aggravata.
Le ricostruzioni
Secondo le indagini, dopo aver adescato la minorenne sui social, i tre 20enni l’hanno condotta dentro un garage nella periferia della città, facendole fumare una canna di hashish. Dopo, utilizzando violenze e minacce, l‘hanno costretta a subire i rapporti non consenzienti approfittando della sua condizione di inferiorità psichica e fisica determinata dall’età.
I tre uomini hanno approfittato anche della posizione isolata del box in cui sono avvenuti i fatti. A sporgere denuncia è stata la vittima stessa, recatasi in commissariato insieme ai suoi genitori. Sono scattate immediatamente le indagini, con la conseguente perquisizione del garage. Lì gli inquirenti hanno trovato tracce di sostanze stupefacenti.
Le indagini
Dopo aver abusato della 13enne, i tre indagati le avrebbero impedito di rivestirsi con il suo top reggiseno, il quale è stato poi ritrovato due giorni dopo dalla polizia nello stesso garage. Lo avevano appeso al muro come un trofeo (sopra una scritta “mafia”).
Sono stati arrestati ai domiciliari L.D. T.D. e P.P., con l’accusa di violenza sessuale e cessione di stupefacente aggravata. Quella sera, uno degli amici dei ragazzi sopraggiunto sul posto, all’esterno del box, avrebbe detto alla ragazzina di stare tranquilla, aggiungendo che non era la prima volta che accadeva un fatto simile.
Due dei tre indagati, a bordo della stessa autovettura con la quale avevano raggiunto un’ora prima il box, avrebbero portato la ragazzina in città. Al suo ritorno ha confessato tutto ad una sua amica, dicendo di essersi sentita come “un manichino”.
Il messaggio di un aguzzino
Il giorno successivo all’accaduto, uno degli indagati le ha inviato un messaggio cercando di convincerla del contrario: “Ti ho chiesto vuoi scendere? Sei andata e hai detto sì…poi quelli lo sai come sono…giustamente sono maschi, li conosci i maschi, non è che…pure tu hai provocato, dicamo…insomma hanno fatto quello che dovevano fare…tu poi ho visto che ti stavi…perché se tu dicevi di no…insomma non sai…dicevi andiamocene…gridavi un po’…andiamocene che siete impazziti…oppure aprivi la porta e te ne uscivi…”