Nella storica stagione di Kvaratskhelia e compagni c’è un protagonista fischiato dai tifosi, ma che ha fatto la scelta giusta
Mai come oggi, varrebbe la pena di ricordare che Aurelio De Laurentiis ha preso il Napoli in serie C. Se oggi la squadra di Luciano Spalletti si trova solissima in vetta alla classifica del campionato e impegnata in un’epica sfida col Milan nei quarti di Champions League, il merito è principalmente suo.
Eppure, allo stadio intitolato a Diego Armando Maradona tira una bruttissima aria, con cori ingiuriosi e forte tensione nei confronti del munifico patron che si è messo in testa di liberarsi dal giogo degli ultras. Il Napoli ha una delle tifoserie più belle e calde d’Italia, ma il rapporto curva-club è tutto da rivedere, come praticamente in ogni altra società italiano.
ADL è pieno di difetti. Guarda tutti dall’alto in basso ed è convinto che le mirabilie fatte nel cinema gli diano un pass automatico per ogni altro settore. Però sugli ultras ha perfettamente ragione. Così come si è detto per la Juventus e per ogni altra squadra del nostro circo pallonaro, bisogna liberarsi dalla schiavitù nei confronti del tifo organizzato: “O fate come diciamo noi o vi mettiamo nei guai”.
“Gli ultras non si toccano”, hanno scritto su uno striscione i tifosi del Milan, solidali coi partenopei. È la prova che non si tratta di un problema isolato, ma di una battaglia di civiltà che De Laurentiis ha avuto il coraggio di combattere.
Sarebbe opportuno che tutto il calcio italiano glielo riconoscesse, a partire da una città finalmente tornata al vertice. A 33 anni dai fasti di Maradona, il Napoli può raggiungere quota tre scudetti vinti (fate pure le scaramanzie del caso). L’artefice dei primi due, Corrado Ferlaino, è entrato nella storia del calcio italiano, pur subendo a sua volta diverse critiche. Sarebbe un peccato che ADL invece fosse accompagnato dai fischi mentre sale sul gradino più alto del podio.