Un anno dopo la tragica morte di Mahsa Amini, le strade dell’Iran sono nuovamente teatro di proteste e resistenza.
In Iran, la memoria di Mahsa Amini, la giovane curda tragicamente scomparsa, è ancora viva con le proteste. La sua morte, avvenuta a causa di un arresto per non aver indossato correttamente l’hijab, ha acceso la miccia di una serie di proteste che ancora oggi risuonano nelle strade.
Recentemente, il padre di Mahsa, Amjad Amini, è stato arrestato, alimentando ulteriormente la rabbia e la disperazione dei cittadini.
La voce della resistenza
Nonostante le minacce e gli arresti continui, la popolazione non si è abbattuta. Teheran è stata testimone di graffiti e striscioni contro la Repubblica islamica. A Zahedan, gli echi delle proteste sono particolarmente forti, con manifestanti che ogni venerdì, dopo la preghiera islamica, esprimono il loro dissenso e ricordano il “venerdì di sangue”, una giornata di scontri violenti che ha visto la morte di numerosi manifestanti e agenti.
La risposta del regime
Il regime iraniano ha risposto con una feroce repressione. Oltre all’arresto di decine di attivisti, sono state rafforzate le misure di sicurezza in tutto il Paese. Particolarmente tesa è la situazione nella provincia del Kurdistan iraniano, dove le autorità hanno minacciato di intervenire con la forza contro chiunque osi protestare.
La situazione in Iran ha attirato l’attenzione dell’Occidente. Paesi come gli USA e la Gran Bretagna hanno imposto nuove sanzioni, mentre l’Ue si prepara a varare ulteriori misure restrittive. Il presidente americano Joe Biden ha elogiato il coraggio dei manifestanti iraniani, sottolineando l’importanza della lotta per la democrazia e i diritti fondamentali.