L’opinione di Claudio Brachino sulle affermazioni di Elena Cecchettin.
A volte la cronaca detta l’agenda emotiva di un paese. A volte la cronaca riesce a dettare l’agenda politica di un paese. Mentre scrivo, dopo mesi di scontri su tutto, la leader del Pd, Elly Schlein, e la la leader del governo, Giorgia Meloni, si sono sentite.
Poi gli scontri sul ddl anti-femminicidi sono continuati, ma voglio prendere il lato positivo di un dialogo di cui la nostra democrazia ha urgente bisogno. La morte della giovanissima Giulia Cecchettin per mano di un ex fidanzato che alla libertà di un no ha opposto la ferocia distruttiva del possesso totale ha scosso l’Italia.
Stavolta nessuno ha alzato il dito contro l’eccesso di cronaca nera nei media. Stavolta ci si interroga, si riflette angosciati pur nello scorrere ossessivo del flusso della comunicazione. In questo stagno collettivo raggelato la sorella della vittima, Elena, con una lettera al Corriere della sera ha gettato non un sasso ma un macigno: l’omicidio di Giulia è un omicidio di Stato, uno Stato che tollera un patriarcato che è il nutrimento malato di tutte queste tragedie.
Lo tollera nei piccoli come nei grandi gesti, finché è sempre troppo tardi. Un affondo politico, oltre che antropologico, che ha scatenato polemiche e raccolto consensi generazionali. Noi boomers pensiamo sempre che i millennials siano lontani dalla politica, ma l’accusa è già ideologica, potrebbe averla scritta una front woman del femminismo radicale.
Con tutto rispetto per il suo dolore, le dico però cara Elena che sua sorella non è stata genericamente uccisa dal patriarcato in sé, né da una cultura maschilista connivente.
Certo i mostri vengono da dentro e non da fuori, come lei dice, ma quel dentro, quel ventre inconscio del sociale lo dobbiamo indagare nella sua complessità non con un muro divisorio tra i generi. La nostra non è piuttosto l’epoca della morte del Padre, degli uomini che non sanno più trovare un ruolo nel mare in tempesta delle relazioni affettive? E non sono ormai tutte le cosiddette relazioni di prossimità a essere diventate un inferno?
Vogliamo parlare dei delitti in famiglia, vogliamo sfidare il politicamente corretto scoprendo che la violenza scorre su tutto l’asse delle relazioni? Allora giusto che la scuola, la famiglia, i laboratori dei modelli culturali, crescano, formino, guidino una nuova generazione di uomini che alla libertà della donna non rispondano solo con la violenza e l’annientamento.
Molto c’è ancora da fare per la parità dei generi, basti pensare al lavoro, ai salari, agli asili nido che assicurino alle donne l’uguale diritto alla famiglia e alla realizzazione professionale. Siamo indietro nelle medie europee, è la sfida che ci aspetta. Raccogliamo la sua accusa ma andiamo oltre il patriarcato dei luoghi comuni storici cristallizzati.