Le parole di Roberto Vannacci su Paola Egonu, le critiche ricevute e la “difesa” di Vittorio Feltri. Il giornalista si è schierato con il generale.
Hanno fatto discutere le parole di Roberto Vannacci dopo la vittoria della medaglia d’oro olimpica da parte della nazionale di Pallavolo femminile azzurra. In particolare la parte su Paola Egonu e i suoi tratti somatici che “non rappresentano la maggioranza degli italiani”. Il generale è stato aspramente criticato e in sua difesa è arrivato anche Vittorio Feltri.
Feltri e il “caso Egonu”
Nel corso del suo ultimo editoriale per Il Giornale, Feltri ha voluto spezzare più di una lancia a favore del generale Vannacci dopo le frasi su Paola Egonu e i suoi tratti somatici. Rispondendo come sempre ad un lettore del suo quotidiano, il giornalista ha detto: “La domanda giusta da porsi non è perché mai l’europarlamentare Vannacci abbia affermato quello che ha già scritto nel suo celebre libro, bensì perché egli, a parer tuo e di altri, debba tacere e non parlare di un dato di fatto che non dovrebbe destare scandalo o scalpore: la pallavolista Paola Egonu è italiana, ha cittadinanza italiana, nessuno di noi, né tantomeno Vannacci, dichiara che Egonu non abbia diritto di essere considerata italiana o che le debba essere revocata la cittadinanza, tuttavia è inconfutabile, innegabile, evidente che i suoi caratteri somatici non sono quelli tipici della somatica indoeuropea e italiana”.
Feltri ha anche sottolineato come questo essere della Egonu non risulti “un problema, un difetto, un handicap, un deficit, eppure pare che non si possa constatare che Egonu è un’italiana nera. Dobbiamo dire che è bianca per non essere reputati fascisti? Dobbiamo dire che è la tipica abitante della penisola, che è la migliore rappresentante dell’estetica e della genetica italiane nel mondo? Trovo questa polemica stupida e vana”.
La difesa di Vannacci
Il giornalista ha poi sottolineato, ancora in difesa di Vannacci, come le parole del generale “non configurano una condotta lesiva nei riguardi dell’atleta, la quale lo aveva trascinato in giudizio proprio per via delle frasi incriminate contenute nel libro del militare pluridecorato. Insomma, non c’è il reato. Non c’è il danno. Non c’è l’offesa. Non c’è la calunnia. Non c’è la diffamazione. Non c’è la violenza. Non c’è nemmeno il razzismo”.