Il caso del 1991 che ha scosso l’America e ha dato voce alle vittime di abusi, aprendo la strada a un cambiamento culturale e legislativo.
Nel 1991, Clarence Thomas, afroamericano quarantatreenne, fu nominato Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti. Anita Hill, professoressa diritto e anche lei afroamericana, aveva collaborato con Thomas alla commissione per le Pari Opportunità.
Dopo aver rilasciato un’intervista il cui contenuto era stato pubblicato su alcuni giornali, Anita Hill venne convocata a testimoniare davanti alla Commissione del Senato per l’audizione di conferma di Thomas.
In quella sede, la professoressa dichiarò che Thomas, allora suo superiore, l’aveva costretta ad ascoltare le sue fantasie sessuali e la descrizione di video porno, oltre a farle pressioni perché uscisse con lui.
I senatori che componevano la Commissione erano tutti uomini e bianchi e misero in dubbio la testimonianza della donna: Hill fu accusata di aver detto il falso e di non aver reagito alle molestie di Thomas e, durante le audizioni, trasmesse in TV, venne denigrata dai senatori e da parte della stampa; all’esito il Giudice Thomas fu confermato.
Il “caso Hill” diede tuttavia il là a un acceso dibattito pubblico.
Da un lato, moltissime donne sapevano bene che le violenze sessuali erano diffuse e che le conseguenze, qualora decidessero di denunciarle, erano pesantissime; dall’altro lato, molti uomini negavano le violenze o, nel migliore dei casi, non capivano.
Il fatto che Hill fosse anche afroamericana estese il campo alla questione razziale: per molti Hill era meno credibile in quanto nera e, per stereotipo, fu affermato che le molestie riguardavano perlopiù gli afroamericani perché più propensi a violentare le donne.
Quell’anno, il giornalista conservatore David Brock, scrisse un libro intitolato “La vera Anita Hill” descrivendola come una donna che restituiva agli studenti i libri inserendovi i suoi peli pubici e soltanto nel 2002, si dichiarò pentito per le accuse, confermando la perversione di Thomas e aggiungendo che anche i senatori repubblicani erano sicuri che il Giudice avesse molestato Hill.
Al contrario, due giornaliste, Jane Mayer e Jill Abramson, pubblicarono un libro in cui raccolsero numerose testimonianze sulle perversioni di Thomas che obbligava gli amici ad ascoltare brutali descrizioni delle scene dei suoi film porno preferiti.
Va detto che, nel 1991, quando il caso Hill esplose, la definizione di molestie sessuali era recentissima, visto che la Corte Suprema degli Stati Uniti l’aveva riconosciuta come forma di discriminazione legale solo nel 1986. Hill rese testimonianza nel 1991, ma i fatti che la riguardavano erano anteriori al 1986: non fu creduta.
Tuttavia, proprio un mese dopo le audizioni di Hill, anche in ragione del movimento di opinione seguito al caso, il Senato approvò una legge sulle molestie sessuali e le denunce aumentarono immediatamente. Anita Hill è quindi, a buon diritto, considerata la donna che ha dato inizio al riconoscimento delle molestie sessuali sul luogo di lavoro.
Non solo. Le elezioni del 1992 furono definite “L’anno delle donne” e, per la prima volta, negli Stati Uniti furono elette 27 donne, di cui un’afroamericana; sul caso Hill, il Washington Post concluse «quello cui adesso stiamo assistendo è l’autorizzazione a dire qualcosa e a fare qualcosa: le donne abusate si sentono libere di parlare degli uomini potenti». Ancor oggi lo slogan “We believe you Anita” è utilizzato, fra gli altri, dal movimento Me Too.