Rianimazione del cervello dopo la morte: scoperta rivoluzionaria di scienziati cinesi
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Direttore: Alessandro Plateroti

Rianimazione del cervello dopo la morte: scoperta rivoluzionaria di scienziati cinesi

Una tac al cervello

Scienziati cinesi riescono a riattivare l’attività cerebrale di maiali un’ora dopo la morte. I dettagli della scoperta.

Un team di scienziati cinesi ha fatto un significativo passo avanti nel campo della rianimazione cerebrale, riuscendo a ripristinare l’attività elettrica nel cervello di maiali deceduti anche da quasi un’ora. La scoperta, guidata dal dottor Xiaoshun He della Sun Yat-Sen University, è stata pubblicata su “Embo Molecular Medicine” e ha catturato l’attenzione della comunità scientifica internazionale.

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Questo studio potrebbe aprire nuove possibilità per il recupero cerebrale dopo un arresto cardiaco, ampliando la finestra temporale utile per una rianimazione efficace.

Dottore controlla risonanza cervello testa

La tecnica innovativa per riaccendere il cervello

La chiave della scoperta è stata l’integrazione del fegato nel sistema di supporto vitale. Gli scienziati hanno utilizzato il fegato illeso di un maiale per purificare il sangue e mantenere attivo il cervello, anche dopo che la circolazione sanguigna era cessata per diversi minuti.

Quando il cuore smette di battere, infatti, il flusso sanguigno al cervello si interrompe, causando danni irreversibili in pochi minuti. La tecnica testata sui maiali tibetani ha permesso di ripristinare l’attività cerebrale fino a 50 minuti dopo la morte, una finestra molto più ampia rispetto ai metodi attuali.

Implicazioni future per il trattamento dell’arresto cardiaco

Questa ricerca ha importanti implicazioni per il trattamento di pazienti umani colpiti da arresto cardiaco improvviso. I risultati preliminari suggeriscono che il fegato potrebbe avere un ruolo cruciale nel ridurre i danni cerebrali durante la fase di rianimazione. Infatti, il gruppo di maiali non sottoposto a ischemia epatica ha mostrato danni cerebrali significativamente inferiori rispetto al gruppo che ha subito danni anche al fegato.

Seppure la tecnica sia ancora lontana dall’essere applicata sugli esseri umani, i ricercatori ritengono che essa possa fornire spunti per migliorare i tassi di sopravvivenza nei pazienti in arresto cardiaco. Si tratterebbe di un cambio di paradigma nella medicina d’urgenza, consentendo interventi più efficaci per prevenire danni permanenti al cervello.

Questo studio apre nuove strade per esplorare strategie di recupero che potrebbero prolungare la vita e migliorare la qualità della sopravvivenza.

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ultimo aggiornamento: 24 Ottobre 2024 12:25

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