Un 15enne accusato dell’omicidio della sua famiglia, con una sopravvissuta fondamentale per le indagini, ecco chi ha raccontato tutta la verità.
Un ragazzo di 15 anni accusato di aver ucciso cinque membri della sua famiglia ha chiamato il 911 e ha dato la colpa della sparatoria al fratello di 13 anni che, a suo dire, si era suicidato. Ma nello stesso momento in cui è arrivata la chiamata, la sorella di 11 anni – che ha finto di essere morta dopo che il ragazzo le ha sparato al collo e alla mano – ha chiamato il 911 dalla casa di un vicino e ha identificato il ragazzo più grande come l’assassino.
Stermina la famiglia e accusa il fratello: la sorella lo incastra
Il massacro è avvenuto nelle prime ore di lunedì a Fall City, una comunità a est di Seattle. Secondo i documenti giudiziari, il quindicenne ha chiamato il 911 poco dopo le 5 del mattino, cercando di attribuire gli omicidi al fratello minore di 13 anni, che avrebbe poi “compiuto il suicidio”.
Nel frattempo, però, la sorella di 11 anni è riuscita a fuggire dalla casa ferita e ha raccontato ai vicini, e poi alla polizia, di aver visto il volto dell’assassino: proprio il fratello maggiore.
Gli investigatori hanno rivelato che l’adolescente ha cercato di manipolare la scena del crimine per far sembrare che il fratello minore fosse responsabile degli omicidi, utilizzando la combinazione della cassetta delle armi del padre.
Secondo quanto riportato dai documenti del tribunale, il giovane avrebbe poi cercato di confondere gli agenti con una falsa telefonata al 911.
Le vittime e le accuse
Le vittime della tragedia sono Mark e Sarah Humiston, rispettivamente di 43 e 42 anni, e i tre figli più piccoli: Benjamin (13 anni), Joshua (9 anni) e Katheryn (7 anni). Tutti sono stati trovati colpiti alla testa, una scena che ha sconvolto la comunità e aperto un’inchiesta complessa.
Il ragazzo è stato accusato di cinque capi d’accusa per omicidio aggravato e uno per tentato omicidio. Attualmente è detenuto in un centro di detenzione minorile e la procura valuterà se processarlo come adulto.
La bambina di 11 anni, unica superstite, è stata trasportata all’Harborview Medical Center di Seattle in condizioni stabili. Il suo racconto è stato fondamentale per l’accusa, permettendo di ricostruire la dinamica e di identificare il responsabile.