Rinvio della sentenza per Trump nel caso Stormy Daniels: il giudice valuta l’annullamento della condanna in base all’immunità presidenziale.
L’atteso giudizio sul caso che vede Donald Trump coinvolto per il pagamento alla porno star Stormy Daniels è stato posticipato. Il giudice Juan Merchan ha deciso di rinviare la sentenza al 19 novembre.
L’intendo, come riportato dall’Ansa, è capire se il nuovo status di presidente eletto potrebbe influenzare in qualche modo la condanna del Tycoon, già sancita a maggio per falsificazione di documenti contabili aziendali.
L’immunità presidenziale per Donald Trump
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha storicamente riconosciuto l’immunità presidenziale per atti compiuti durante il mandato. Proprio per questo le accuse per il Tycoon, sebbene antecedenti alla presidenza, potrebbero essere archiviate.
Il giudice Merchan ha accettato di rinviare la decisione, offrendo tempo all’accusa per valutare come proseguire e – al contempo – consentire alla difesa di presentare nuovi argomenti.
Tra questi potrebbe esserci un richiamo alla recente sentenza della Corte Suprema che ha confermato un’interpretazione ampia dell’immunità presidenziale, pur rimanendo aperta a eccezioni specifiche.
Il caso Stormy Daniels e la condanna
La vicenda Stormy Daniels ha radici nel 2016, quando – durante la precedente campagna elettorale – vennero effettuati pagamenti per mettere a tacere presunti scandali sessuali che coinvolgevano Donald Trump.
La nota porno star ricevette una somma significativa in cambio del suo silenzio. Tuttavia, nel maggio di quest’anno – come riportato da Repubblica – un tribunale ha dichiarato il neo eletto presidente colpevole di aver falsificato documenti aziendali per mascherare queste transazioni.
A settembre 2024 la sentenza definitiva è stata spostato a dopo elezioni. In seguito a ciò il Tycoon ha espresso furioso: “Tutti si sono resi conto che non c’era nessun caso (…). È un attacco politico contro di me da parte della compagna Kamala Harris e della sinistra radicale allo scopo di interferire nelle elezioni“.