Antibiotico-resistenza, l’allarme di Matteo Bassetti: entro il 2050, le infezioni resistenti saranno la principale causa di morte.
L’buso e l’uso scorretto degli antibiotici stanno generando un’emergenza sanitaria globale: questo è il grido d’allarme lanciato da Matteo Bassetti.
Il direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova ha avvertito: “Ogni anno nel mondo muoiono milioni di persone a causa delle infezioni da batteri resistenti agli antibiotici (…), si prevede che nel 2050 sarà la prima causa di morte al mondo con quasi 40 milioni di morti ogni anno“.
Italia maglia nera per uso di antibiotici
Come riportato da Today.it, l’Italia è ai vertici europei per consumo inappropriato di antibiotici. I dati dell’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) evidenziano che il 44,7% dei degenti italiani in ospedale riceve antibiotici, contro una media europea del 33,7%.
Una tendenza che ha conseguenze gravi: il nostro Paese registra ogni anno circa 12mila decessi dovuti a infezioni ospedaliere resistenti agli antimicrobici, un terzo del totale dei morti per infezioni in ambiente ospedaliero nell’intera Unione Europea.
La diffusione dei cosiddetti “superbatteri” è ormai un dato di fatto. “I batteri diventano resistenti agli antibiotici per tante ragioni, ma anche e soprattutto perché gli antibiotici si usano troppo e male“, avverte Bassetti.
Le regole di Bassetti
Per contrastare questa emergenza, come aggiunge Adnkronos.com, Bassetti invita alla responsabilità collettiva: “Tutti possiamo fare qualcosa perché non arrivi il giorno in cui una semplice infezione non potrà più essere trattata con gli antibiotici disponibili.”.
E punta il dito contro l’abitudine di assumere antibiotici senza una prescrizione medica, un comportamento che, purtroppo, resta diffuso.
L’appello si estende anche ai professionisti della salute, chiamati a un uso più razionale degli antibiotici, evitando prescrizioni non necessarie. “Ci sono alcune cose molto semplici che ognuno di noi può fare“, afferma nuovamente.