Precarietà, lavoro nero e stipendi bassi: la verità sul perché al Sud si lavora meno che al Nord. Ecco gli ultimi dati ufficiali.
I dati più recenti mostrano una forte disparità tra le aree del Nord e quelle del Sud Italia in termini di giorni lavorativi e stipendi. Mentre, a maggio, è in arrivo un super bonus in busta paga che interesserà milioni di lavoratori, si riaccende il dibattito sulle profonde differenze nel mercato del lavoro tra le due macroaree del Paese.
Secondo le elaborazioni della Cgia di Mestre su dati Inps, riportati da Fanpage, nel 2023 al Nord si è lavorato mediamente 255 giorni, mentre al Sud soltanto 228. Ma non si tratta di un problema di impegno individuale: i motivi sono altri, più profondi e radicati.

Perché al Nord si lavora di più che al Sud: la precarietà
Il primo fattore che contribuisce alla minore presenza lavorativa nel Sud è l’elevato tasso di precarietà. In molte aree meridionali, anche chi riesce a ottenere un contratto regolare spesso si ritrova impiegato per un periodo breve, con una forte presenza di lavori stagionali o part-time non volontari. Settori come quello agricolo e il ricettivo sono particolarmente esposti a questa dinamica.
Questo comporta un’interruzione frequente del rapporto di lavoro e una conseguente diminuzione del numero medio di giorni lavorati nel corso dell’anno. La media nazionale è di 246 giornate, ma la forbice tra Nord e Sud è di 27 giorni: quasi un mese di lavoro in meno per chi vive nel Mezzogiorno.
A conferma di questo divario, si osserva che le province con più giornate lavorate si trovano tutte nel Nord, mentre quelle con meno attività lavorativa annua sono quasi esclusivamente nel Sud.
Il lavoro sommerso e i bassi salari aumentano il divario
Un altro elemento chiave, come riportato da Fanpage, è la forte incidenza del lavoro sommerso nel Sud, che sfugge alle statistiche ufficiali. Quando una parte consistente dei lavoratori è impiegata in nero, le rilevazioni mostrano meno giornate lavorate di quelle effettive.
A ciò si aggiunge la questione salariale. Secondo la Cgia, nel settore privato i lavoratori del Nord percepiscono mediamente 104 euro lordi al giorno, mentre quelli del Sud si fermano a 77 euro. Una differenza del 35%.
La prima provincia del Sud per stipendio medio, Potenza, si trova al 66esimo posto, ben distante dai vertici della classifica occupati da Milano, Monza-Brianza e Parma. Anche in questo caso, il sommerso e i contratti precari influiscono fortemente, sia sul monte ore che sul reddito percepito.