Oltre l’allarme geopolitico: le vere ragioni economiche e strategiche per cui la chiusura di Hormuz sarebbe un autogol per l’Iran e una mossa meramente propagandistica.
Negli ultimi tempi, la crescente tensione geopolitica, in particolare con il coinvolgimento degli Stati Uniti e dell’Iran, ha riacceso il dibattito sulla potenziale chiusura dello Stretto di Hormuz. Questa eventualità viene spesso presentata come una “guerra nella guerra” per i mercati finanziari e, soprattutto, per quelli petroliferi. La narrazione dominante paventa un’impennata del prezzo del petrolio con ripercussioni significative sull’intero mercato energetico globale1, ma un’analisi più approfondita rivela che un blocco dello Stretto di Hormuz da parte dell’Iran sarebbe altamente improbabile e persino controproducente per Teheran.
Un punto vitale per il petrolio mondiale
È innegabile l’importanza strategica dello Stretto di Hormuz. Circa il 30% del petrolio mondiale transita attraverso le sue acque a bordo di petroliere. Per questo motivo, ogni minaccia di blocco genera immediatamente timori di carenza di approvvigionamento e, di conseguenza, speculazioni sui prezzi.
Le ragioni contro un blocco Iraniano
Tuttavia, come sottolineato da diversi analisti, esistono ragioni fondamentali che rendono la chiusura dello Stretto di Hormuz un’azione “del tutto inattuabile” per l’Iran, suggerendo che si tratti più di una manovra di propaganda che di una reale intenzione.
Questioni geografiche:
Lo Stretto di Hormuz non è controllato esclusivamente dall’Iran. Anche Oman ed Emirati Arabi Uniti hanno una parte dello Stretto, e le navi che volessero passare per Hormuz potrebbero benissimo accostare di più dalla loro parte ed evitare il blocco degli iraniani.
Dipendenza Iraniana dalle esportazioni:
Il punto cruciale è che lo Stretto di Hormuz è il canale vitale per l’economia iraniana stessa. Attraverso questo passaggio transita il 70% del petrolio esportato dall’Iran, che rappresenta “l’unica risorsa che tiene in vita quel regime”. Bloccare lo Stretto significherebbe, di fatto, bloccare la propria principale fonte di reddito.
Il ruolo della Cina:
Gran parte di quel 70% di petrolio iraniano è destinato alla Cina, il principale acquirente dell’Iran. È molto, molto difficile credere che la Cina permetterebbe all’Iran di chiudere lo Stretto di Hormuz e restare senza petrolio, oltre che pagarlo di più.
Dipendenza Iraniana dalle importazioni:
Non solo l’Iran esporta petrolio attraverso Hormuz, ma importa anche gran parte dei suoi beni di consumo attraverso lo stesso Stretto1. Sorprendentemente, molti di questi beni primari, inclusi cibo e medicinali, provengono proprio dalla Cina. In una situazione già di guerra e di scarsità, chiudere lo Stretto all’ingresso delle navi con beni primari sarebbe un atto privo di logica e dannoso per la popolazione iraniana.
Speculazione sui prezzi e necessità di informazione
Nonostante le minacce e le speculazioni, i dati attuali sul prezzo del petrolio mostrano una realtà diversa. Il petrolio, infatti, si trova sotto i livelli di gennaio, attestandosi intorno ai 77 dollari al barile rispetto agli oltre 80 dollari di inizio anno, e si mantiene su livelli storici considerati bassi. Questo suggerisce che le preoccupazioni diffuse siano spesso il risultato di “manovre speculative alimentate dalla paura“.
In tempi di incertezza, è fondamentale “informarsi, restare documentati e ragionare con la propria testa”, evitando di farsi travolgere da allarmismi che potrebbero avvantaggiare solo la speculazione.