Iran: l'obbligo dell'hijab e la morte di Masha Amini
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Iran: l’obbligo dell’hijab e la morte di Masha Amini

proteste iran

Questi giorni in cui l’Iran è al centro dell’attenzione mondiale offrono lo spunto per riflettere sulla tragica condizione femminile in quel Paese.

Tributando un ricordo alla giovane la cui morte ha dato il via alle proteste donne, vita, libertà”, iniziate a settembre 2022 nella sua città natale, Saqqah, e poi estesesi in tutto il Paese.

Naturalmente parliamo di Masha Amini, la ventiduenne curdo iraniana che, mentre era in vacanza con la famiglia nella capitale, fu arrestata dalla polizia morale per aver violato la legge sull’obbligo dell’hijab, il velo islamico, indossato in maniera «impropria», perché troppo allentato.

A seguito del pestaggio subito in carcere, dopo due giorni di coma all’ospedale Kasra di Teheran, Amini morì a seguito delle ferite riportate. La polizia dichiarò  che il decesso fu causato da un infarto ma, il giorno della morte, la clinica dove era stata ricoverata diffuse un post sulla sua pagina Instagram in cui affermava che la giovane era già cerebralmente morta quando è stata ricoverata.  Durante il ricovero, Il fratello Kiaresh aveva notato dei lividi sulla testa e le gambe della sorella e i medici ritennero che Mahsa avesse subito una lesione cerebrale. 

Le proteste per la morte

La morte di Amini innescò immediatamente una serie di proteste, durate oltre un anno e mai cessate del tutto, descritte dalla stampa internazionale come le più imponenti del Paese a partire dal 2009: molte manifestanti donne, in questi anni, si sono provocatoriamente tolte il velo o si sono tagliate pubblicamente i capelli

Iran Human Rights ha dichiarato che già,  entro la fine del 2022, almeno 476, fra uomini e donne, erano stati uccisi dalle forze di sicurezza che attaccavano i manifestanti in tutto il Paese, sparando o picchiando con manganelli.

Ma occorre fare un passo indietro. 

donna proteste iran
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La storia dalla rivoluzione islamica

Le donne iraniane, che durante il regno dello Shah vivevano all’Occidentale, con la rivoluzione islamica del 1979 hanno visto progressivamente ridursi i loro diritti e, in conformità con la legge islamica così come interpretata dall’ayatollah Khomeini, si sono anche visteimporre un codice di abbigliamento. 

Un mese dopo l’inizio della rivoluzione, nonostante le imponenti proteste, il velo islamico divenne obbligatorio per tutte le donne sul posto di lavoro e, da lì a poco, fu stabilito che le donne non avrebbero più potuto entrare in nessun ufficio governativo senza il velo islamico. Nel 1983 l’obbligo di portare il velo è stato esteso a tutti i luoghi pubblici e il codice prevede una pena fino a 74 frustate per ogni violazione. 

Dal 2010 però, la società iraniana ha iniziato a interpretare l’obbligo in maniera più lasca e le giovani donne hanno incominciato ad allentare l’hijab; ne sono seguiti ammonimenti della polizia morale che raramente si sono fermati alle parole e, più spesso, si sono trasformati in violenze. A tutt’oggi le donne vengono di norma incarcerate e poi portate in un centro in cui sono nuovamente “istruite” sulle regole dell’abbigliamento, prima di essere costrette a firmare la dichiarazione a rispettare tali regole per il futuro e poter così essere rilasciate. 

Nel 2020 la situazione si è inasprita: due rappresentanti del governo iraniano di Khamenei, in due momenti diversi, hanno dichiarato che le donne velate in modo improprio dovrebbero sentirsi “insicure“. Le smentite successive sono state ben poco convincenti. 

È tutto ciò a fronte, invece, di una società che diviene invece via via più aperta. Un sondaggio indipendente condotto nel 2020 ha certificato che il 58% degli iraniani non crede del tutto nell’hijab e il 72% è proprio contrario all’obbligo. 

Eppure nel 2022 Masha Amini muore. L’epitaffio scritto in lingua curda sulla sua tomba recita “Jina, cara! Non morirai. Il tuo nome si trasformerà in un simbolo”.

Così è stato. 

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ultimo aggiornamento: 30 Giugno 2025 16:27

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