Carlo Calenda annuncia l’uscita di Azione dalla coalizione di centrosinistra nelle Marche e rilancia: “Il regionalismo ha distrutto l’Italia”.
La scena politica marchigiana vive un nuovo scossone. Carlo Calenda, leader di Azione, annuncia pubblicamente che non sosterrà il campo largo del centrosinistra per le prossime elezioni regionali nelle Marche. La conferma arriva nel corso della trasmissione L’Aria che Tira su La7: “Oggi si riunirà il Direttivo di Azione e io proporrò che nelle Marche non saremo presenti con il nostro simbolo”. Una presa di posizione netta, che chiude le porte a qualsiasi intesa con i candidati in campo.
La decisione, spiega Calenda, nasce da una valutazione severa sulla politica locale e nazionale: “Nelle Marche nessun candidato va bene ad Azione. Io – spiega ancora Calenda – sono per l’abolizione delle Regioni, perché il regionalismo, con i suoi centri di potere, ha distrutto l’Italia”. Una linea che affonda le sue radici in una critica radicale al sistema istituzionale italiano, accusato di frammentare e indebolire lo Stato centrale.

Il regionalismo sotto accusa
Nel suo intervento, Calenda non risparmia critiche ai modelli regionali esistenti. Parlando del Veneto, afferma: “Zaia non è la Lega di Salvini ma più vicina alla Dc del ‘Veneto bianco’ e non è un pro putiniano ma secondo me alla fine credo che non succederà niente proprio perché le Regioni sono centri di potere e ognuno si organizza per raccogliere voti”. La parola chiave è potere: secondo Calenda, le Regioni sono diventate strutture autoreferenziali, impermeabili al cambiamento.
Una frattura nel centrosinistra
L’uscita dal progetto unitario nelle Marche è solo un tassello di un quadro più ampio. Nonostante la recente apparizione a Budapest con Elly Schlein durante il Pride, le distanze restano profonde: “Ricci è contro il termovalorizzatore, Acquaroli è penultimo nella lista di gradimento dei governatori”. Sulla strategia del centrosinistra aggiunge con durezza: “Ma che significa ‘stare insieme senza stare insieme’? Ma possiamo andare a dire a un elettore una cazzata come questa e poi pensare che ci voti?”
E lancia l’allarme: “Il 36 per cento degli italiani ritiene che la democrazia abbia fallito e che ci vuole una dittatura”, citando un recente sondaggio sui giovani. Poi chiude senza giri di parole: “Mi sono rotto le scatole delle tirate moraleggianti di un’accozzaglia che non ha una cosa in comune”. Come riportato da repubblica.it
La posizione di Calenda è netta: fuori da alleanze deboli, contro un sistema che considera fallito. Il suo appello a superare il regionalismo riapre il dibattito sulle istituzioni italiane. E pone una domanda: è tempo di riscrivere la mappa politica del Paese?