Netanyahu ribadisce che Israele vuole liberare Gaza da Hamas, non occuparla. Ecco cosa sta succedendo e i dettagli.
In una conferenza stampa, riportata da adnkronos.com, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha riaffermato la linea ufficiale di Israele sul conflitto in corso nella Striscia di Gaza. Secondo il premier, «L’obiettivo di Israele non è l’occupazione di Gaza ma la liberazione della regione dai terroristi di Hamas». Ha aggiunto che, a suo avviso, «le uniche persone ad essere affamate deliberatamente a Gaza sono gli ostaggi di Hamas», accusando i media internazionali di diffondere «immagini false di bambini affamati».
Netanyahu ha sottolineato che nella Striscia si trovano ancora «migliaia di terroristi armati di Hamas», pronti a ripetere «la ferocia dell’attacco del 7 ottobre 2023». Dato il rifiuto del gruppo di deporre le armi, il premier ha dichiarato: «Israele non ha altra scelta che concludere il lavoro e completare la sconfitta di Hamas».

Situazione militare e piano post-guerra
Attualmente, Israele sostiene di controllare «militarmente il 70-75% della Striscia», anche se «restano due roccaforti di Hamas». Netanyahu ha annunciato che la nuova operazione militare in preparazione avrà «una durata piuttosto breve», spiegando: «Non voglio parlare di tempistiche precise, ma stiamo parlando di una durata piuttosto breve perché vogliamo porre fine alla guerra».
Sul futuro di Gaza, il premier ha dichiarato: «Gaza sarà smilitarizzata, Israele avrà responsabilità prevalente sulla sicurezza, sarà istituita una zona di sicurezza al confine con Israele per prevenire incursioni terroriste future, e sarà istituita una amministrazione civile che perseguirà una convivenza pacifica con Israele».
Critiche e implicazioni internazionali
Il piano di Netanyahu, definito «il modo migliore per finire la guerra e per farlo rapidamente», ha sollevato critiche da parte di osservatori internazionali e organizzazioni umanitarie, che mettono in guardia sugli effetti della strategia sul piano umanitario. Diverse voci denunciano che il blocco degli aiuti alimenta la crisi e danneggia l’immagine di Israele, mentre all’interno del Paese cresce il dibattito pubblico tra chi sostiene l’azione militare e chi teme le conseguenze di lungo periodo.