Il futuro di Armani tra eredità, mercato e difesa del made in Italy: il testamento di Giorgio apre un dibattito che riguarda l’intero Paese.
Il futuro del gruppo Armani torna al centro del dibattito internazionale. Dopo la scomparsa del suo fondatore, il colosso della moda si trova a un bivio cruciale: proteggere l’eredità del “made in Italy” o aprirsi a scenari di mercato ancora incerti. La stampa estera, dal Wall Street Journal in giù, interpreta la questione come una sfida non solo finanziaria, ma strategica per l’intero Paese.
Il testamento di Giorgio Armani, che vieta la quotazione in Borsa per cinque anni, garantisce stabilità nell’immediato. Ma oltre quella soglia temporale si aprono interrogativi sul destino del marchio, tra eredi e manager.
La vicenda riaccende anche il tema della tutela delle griffe italiane da acquisizioni straniere e dalla pressione dei fondi speculativi. Una partita che chiama in causa istituzioni e strumenti nazionali, come la Cassa Depositi e Prestiti, chiamati a difendere un patrimonio identitario prima ancora che industriale.