L’Italia perde terreno sull’innovazione: i brevetti “made in China” crescono a ritmi record.
Per la prima volta, la Cina è entrata nella top 10 della classifica annuale delle Nazioni Unite sui paesi più innovativi, sostituendo la più grande economia europea, la Germania, grazie agli ingenti investimenti delle aziende di Pechino in ricerca e sviluppo. E soprattutto in brevetti.
La Svizzera si è mantenuta al primo posto, posizione che detiene dal 2011, seguita da Svezia e Stati Uniti, mentre la Cina si è classificata al decimo posto nell’indagine del Global Innovation Index (GII) del 2024. Il Rapporto dell’Onu ha preso in esame 139 economie e ha stilato la classifica in base a 78 indicatori. Gli altri paesi nella top 10 dell’innovazione – dietro gli Stati Uniti e davanti alla Cina – sono, in ordine di classifica, Corea del Sud, Singapore, Gran Bretagna, Finlandia, Paesi Bassi e Danimarca.
La titolarità di brevetti, come e’ noto, è ampiamente considerata un importante indicatore della forza economica e del know-how industriale di un Paese.

Il made in Italy dov’è?
La posizione italiana è stazionaria, ma in bassa classifica: l’Italia si colloca come capacità di innovazione al 26° posto su 133 economie a livello mondiale. Questa posizione, rimasta invariata rispetto al 2023, pone la capacità di innovazione del sistema-Italia ben distante dalle principali economie europee e dai Paesi del G7: siamo al 25° posto tra i paesi ad alto reddito e al 16° tra i paesi europei.
L’Italia eccelle in alcune aree, in particolare negli “output dell’innovazione”, ma a frenare l’investimento sulla creatività industriale sono le croniche criticità del sistema paese. Il grande handicap e’ negli “input dell’innovazione”, nell’assenza di un ecosistema capace di stimolare e sostenere ricerca e innovazione, non solo nelle imprese. Le aree con i punteggi più bassi sono infatti le Istituzioni (55° posto), la Complessità del mercato (38° posto), la Complessità del business (34° posto), Capitale umano e ricerca (30° posto).
L’Italia al primo posto per brevetti di design industriale depositati
Ma attenzione. In questo quadro sconfortante, c’è una conferma importante e incoraggiante: l’Italia è al primo posto mondiale nella categoria Industrial Designs by Origin, che misura il numero di brevetti per design industriale depositati, evidenziando la sua storica creatività e capacità di design.
La Cina, grazie al boom del settore tecnologico e agli investimenti sulla qualità dei prodotti, è sulla buona strada per diventare il maggiore investitore in ricerca e sviluppo, colmando rapidamente il divario nei finanziamenti del settore privato, come ha mostrato il Rapporto GII. La Cina ha contribuito a circa un quarto delle domande di brevetti internazionali nel 2024, rimanendone la principale fonte, mentre Stati Uniti, Giappone e Germania, che insieme rappresentano il 40% delle domande totali, hanno tutti registrato lievi cali.
Secondo l’indagine, le prospettive per l’innovazione globale sono offuscate dal calo degli investimenti. La spesa in R&S è destinata a rallentare al 2,3% quest’anno dal 2,9% del 2024, il livello più basso dal 2010, dopo la crisi finanziaria. E la nuova classifica non riflette l’impatto dei dazi imposti dall’amministrazione Trump.
Il tema dell’innovazione tecnologica e scientifica, soprattutto in questa fase di riassetto dell’economia globale, dovrebbe avere un ruolo prioritario nelle scelte di politica industriale. L’Italia, come conferma l’Indice dell’innovazione, ha un forte potenziale creativo e produttivo che, tuttavia, non riesce a tradursi pienamente in un sistema di innovazione solido. Troppa burocrazia, poche infrastrutture e soprattutto pochi investimenti sul futuro e sulle idee. Con i piani di salvataggio e i sussidi “straordinari”si prende tempo (e voti), ma l’azienda Italia non riparte e l’innovazione farà crescere altri.