Il rapper e produttore Sean “Diddy” Combs è stato condannato a 50 mesi di carcere per due capi d’imputazione.
Negli Stati Uniti, la giustizia federale tratta con estrema severità i casi di traffico a scopo di prostituzione, soprattutto se avvengono su scala interstatale. In questo contesto legale è maturata la condanna di uno dei nomi più noti dell’industria musicale americana: Sean “Diddy” Combs.
Come riportato da tgcom24.mediaset.it, il rapper e produttore 55enne è stato riconosciuto colpevole a luglio di due capi d’imputazione per trasporto di persone a fini di prostituzione, reato perseguito secondo il cosiddetto Mann Act. La sentenza, emessa il 3 ottobre 2025 da un tribunale federale di New York, ha stabilito per lui una pena di 50 mesi di reclusione, ovvero poco più di quattro anni.

Le accuse e il verdetto
Combs rischiava fino a 20 anni di carcere: 10 anni per ciascun capo d’accusa. Tuttavia, il giudice Arun Subramanian ha optato per una pena inferiore rispetto a quella richiesta dai procuratori, i quali avevano avanzato l’ipotesi di una detenzione tra i 10 e i 14 anni. Secondo quanto riportato da Reuters, la sentenza è stata motivata dalla gravità degli atti e dall’abuso sistematico di potere da parte dell’imputato: “Ha abusato del suo potere e del suo controllo sulle donne che affermava di amare”, ha dichiarato il giudice.
Le accuse si basano in particolare su episodi riguardanti l’ex partner Cassie Ventura e una seconda donna identificata con il nome fittizio “Jane”. Entrambe hanno testimoniato su episodi di coercizione, abuso emotivo e viaggi organizzati per fini sessuali.
Conseguenze e reazioni
Combs è detenuto nel Metropolitan Detention Center di Brooklyn dal settembre 2024. La sua difesa ha chiesto che questo periodo venga conteggiato nella pena totale. I legali hanno inoltre annunciato l’intenzione di ricorrere in appello.
La condanna ha sollevato interrogativi sul rapporto tra fama, potere e responsabilità. Il caso rimane emblematico di come anche personaggi pubblici possano essere chiamati a rispondere dei propri atti davanti alla legge.