I Savoia riaprono la battaglia legale contro lo Stato italiano per i gioielli della Corona: presentato ricorso dopo la sentenza del Tribunale di Roma.
Mentre in TV litigano per la Flotilla, nelle aule dei tribunali si combatte un’altra battaglia: quella tra lo Stato italiano e la famiglia Savoia per la proprietà dei gioielli della Corona. Un contenzioso che dura da anni, come scritto dal Corriere della Sera e riportato da Huffingtonpost. Dopo la sentenza con cui, a maggio, il Tribunale di Roma ha stabilito che i gioielli appartengono allo Stato, i discendenti dell’ultimo re d’Italia hanno deciso di presentare ricorso.

I Savoia tornano alla carica: il ricorso sui gioielli della Corona
Maria Gabriella, Maria Pia, Maria Beatrice ed Emanuele Filiberto, figlie e nipote di Umberto II, hanno impugnato la sentenza del Tribunale romano sostenendo che quei gioielli spettano di diritto alla loro famiglia. “Quei gioielli sono nostri, la Banca d’Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Economia e delle Finanze devono restituirli“, hanno dichiarato i Savoia.
Il tesoro, che comprende oltre seimila brillanti, duemila perle, un diamante rosa, diademi e collier, è custodito dal 1946 nel caveau della Banca d’Italia. Fu depositato, all’epoca, dall’avvocato Falcone Lucifero “per conto di Sua Maestà il Re Umberto II“.
Il giudice ha però stabilito che i gioielli non furono mai di proprietà personale del re. Affermando che “i gioielli non sono mai appartenuti a Re Umberto II, sono dello Stato fin dal tempo dello Statuto Albertino e tali sono rimasti nel passaggio alla Costituzione Repubblicana“.
I legali dei Savoia ribattono che si tratta di “beni personali che, cessata la Corona, dovevano tornare agli eredi del Re“. Sottolineando inoltre che “non sono mai stati confiscati, semplicemente depositati“.
Le parole del presidente Luigi Einaudi
A sostegno della loro tesi, i Savoia citano anche una riflessione del presidente Luigi Einaudi, che nei suoi diari scrisse: “Potrebbe ritenersi che le gioie spettano non al demanio dello Stato, ma alla famiglia Reale”. Ma il giudice ha risposto che “non può essere attribuito un valore decisivo ai diari“. Mentre Olina Capolino, ex capo legale della Banca d’Italia, ha parlato di “simpatie monarchiche” dell’autore.
Resta infine aperta una domanda che va oltre la questione giuridica. Perché lo Stato non ha mai chiesto la restituzione ufficiale dei gioielli? L’avvocata della famiglia si chiede: “Che senso ha tenerli in un caveau quando potrebbero essere messi a disposizione del pubblico?“. E conclude con una riflessione: “Non saranno i Crown Jewels della Torre di Londra, ma fanno sempre parte della nostra storia“.