Il piano militare della Russia per incrementare la produzione di tank T-90 e T-90M2 entro il 2028, e il potenziale impatto sulla NATO.
Dopo anni di conflitto in Ucraina e ingenti perdite sul campo, la Russia sembra determinata a ricostruire il proprio esercito con un obiettivo ben preciso: tornare a essere una minaccia tangibile per la NATO. Come riportato da adnkronos.com, secondo l’Institute for the Study of War (ISW), Mosca sta già investendo pesantemente nella produzione di nuovi tank, in particolare i modelli T-90 e la variante più recente T-90M2, in vista di un rafforzamento militare entro il 2028.

Il piano industriale russo: obiettivo 2.000 carri armati
Secondo dati pubblicati da Frontelligence Insight, che ha analizzato documenti interni del produttore russo Uralvagonzavod (UVZ), il piano della Russia prevede un aumento dell’80% della produzione dei tank T-90 entro il 2028. Il nuovo modello T-90M2, nome in codice “Ryvok-1”, sarà introdotto nel 2026, con una produzione iniziale di una decina di unità, per poi aumentare fino a 428 carri prodotti nel solo 2028.
Nel periodo tra il 2027 e il 2029, la Russia punta a costruire almeno 1.118 tank T-90M e T-90M2, affiancati da un piano parallelo per la modernizzazione di T-72 fino al modello T-72B3M. L’obiettivo a lungo termine? Superare i 2.600 veicoli corazzati prodotti o aggiornati entro il 2036.
Minaccia credibile per la NATO
Non si tratta solo di numeri: il messaggio politico è chiaro. Il think tank americano ISW evidenzia che la Russia non aspetterà necessariamente di completare il riarmo per poter agire contro l’Occidente. Anzi, Mosca potrebbe scegliere di anticipare le azioni militari qualora percepisse debolezze nella deterrenza della NATO.
Nel frattempo, sul campo in Ucraina, l’uso dei tank è diventato più selettivo. L’esercito russo tende a conservarli per fasi del conflitto in cui le condizioni climatiche rendono difficile l’uso dei droni da parte ucraina. In questo contesto, l’esperienza acquisita da Mosca viene trasformata in nuove tattiche militari, rafforzando la propria posizione strategica anche nel post-conflitto.