Dal 2026 le pensioni aumentano: le percentuali di rivalutazione, scaglioni INPS, importi minimi e cosa cambia per le fasce più alte.
Le pensioni restano una delle principali fonti di stabilità economica per milioni di italiani. In un contesto segnato dall’incertezza macroeconomica e dalla volatilità dei prezzi, l’adeguamento annuale degli assegni pensionistici rappresenta una garanzia importante per la tutela del potere d’acquisto. A partire dal 2026, l’INPS prevede un nuovo incremento degli importi, legato al meccanismo della rivalutazione automatica. Questa misura, regolata dai dati ISTAT sull’inflazione, punta a contenere gli effetti dell’aumento del costo della vita, soprattutto per chi percepisce trattamenti economici più modesti.
Nel corso del 2025, l’inflazione ha mostrato segnali di rallentamento, ma ciò non ha fermato l’aggiornamento delle pensioni. Il tasso previsto per l’adeguamento degli assegni al 1° gennaio 2026 è stimato intorno all’1,6%, secondo i dati più recenti comunicati dal Ministero dell’Economia. Si tratta di una rivalutazione importante, che avrà effetti diretti sia sulle pensioni minime sia su quelle di importo superiore, sebbene con percentuali diverse.

Rivalutazione differenziata per fasce
Il sistema di rivalutazione applicato dall’INPS segue una logica progressiva: maggiore è l’assegno, minore sarà la percentuale di indicizzazione applicata. Le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo, pari a circa 2.272 euro lordi mensili, riceveranno la rivalutazione piena, al 100%. Ciò significa un aumento dell’1,6% sull’importo totale. Per gli assegni tra quattro e cinque volte il minimo, pari a un massimo di circa 2.840 euro lordi, l’adeguamento sarà del 90%, ossia l’1,44%. Sopra questa soglia, quindi per chi percepisce pensioni più alte, l’incremento sarà ridotto al 75%, traducendosi in un aumento dell’1,2%.
Questa struttura garantisce un’applicazione più equa delle risorse disponibili, rafforzando la protezione per chi ha redditi limitati. Il sistema mira così a evitare che il rincaro dei prezzi colpisca più duramente le fasce deboli, senza però escludere del tutto chi riceve importi superiori.
Impatto sugli assegni minimi e sostenibilità del sistema
Un’attenzione particolare viene riservata anche agli assegni minimi, che nel 2026 saranno oggetto di rivalutazione piena. Il trattamento minimo passerà dagli attuali 598,61 euro a circa 608 euro lordi al mese, grazie al meccanismo di adeguamento. Per questi beneficiari, l’incremento non è solo numerico, ma rappresenta un concreto supporto per far fronte all’aumento dei costi di beni e servizi essenziali.
La riforma in atto, tuttavia, tiene conto anche della sostenibilità economica del sistema pensionistico. Il governo ha confermato che i conguagli per le rivalutazioni saranno versati in tempi rapidi, una volta che l’ISTAT avrà certificato l’inflazione definitiva. Inoltre, sono allo studio eventuali interventi fiscali per alleggerire la pressione sui redditi più bassi.
Dal 2026 le pensioni in Italia cresceranno in base a un meccanismo progressivo, pensato per tutelare chi ha meno e per garantire stabilità finanziaria al sistema previdenziale. L’aumento degli assegni sarà proporzionato e calibrato, con l’obiettivo di assicurare a ogni pensionato un adeguamento giusto e sostenibile.