Gino Cecchettin si è espresso ancora una volta sul caso Turetta, a distanza di due anni dalla morte della figlia Giulia.
A distanza di due anni dalla morte della figlia Giulia, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, Gino Cecchettin è tornato a parlare del caso che, inevitabilmente, lo ha segnato nel profondo. Pochi giorni fa, l’uomo aveva dichiarato che non valeva la pena combattere una guerra che, in realtà, era finita, facendo riferimento ovviamente alle questioni giudiziarie di Turetta collegate alla dipartita di sua figlia.
Sulla stessa linea di quanto detto in precedenza, il padre della vittima di femminicidio ha nuovamente rincarato la dose. E lo ha fatto durante un’intervista rilasciata a La Stampa.

Le parole del padre di Giulia
Di seguito, le parole di Gino Cecchettin sul caso Turetta: “Cercare la giustizia a tutti i costi viene d’istinto. Ma ci sono dolori che non si allevieranno mai, con nessun tipo di pena. Ostinarsi, come sarebbe giusto, per chiedere il riconoscimento degli atti persecutori e della crudeltà significherebbe continuare a combattere. Ma, poi, per cosa? C’è già stata una sentenza di condanna all’ergastolo. E allora a volte bisogna avere un po’ di razionalità, per decidere di usare le energie per quello che serve davvero, e non per un riconoscimento che sarebbe solo un esercizio di giurisprudenza. Proseguire con altri due o tre anni di processo non porterebbe a nulla di concreto, e invece per me sarebbe molto pesante. Preferisco rimanere collegato alle cose che creano valore“.
Ammettendo con grande umiltà le sue “lacune” in materia legale, il padre di Giulia si è associato alle parole di procuratori e presidenti dei Tribunali: “Io non ho studiato legge e quindi non ho le competenze per giudicare. Però faccio mie le parole di esimi procuratori e presidenti di tribunali, secondo i quali servirebbe fare formazione anche negli ambienti della magistratura. Perché i tempi sono cambiati ed è importante adeguarsi a una società che cambia. Non si può ragionare con gli stessi modelli del secolo scorso. Serve un passo diverso nel linguaggio, nella considerazione di certi reati e nell’applicazione delle pene“.
Il progetto di Gino Cecchettin
L’uomo ha poi parlato della fondazione dedicata alla figlia Giulia, a sostegno delle donne vittime di violenza, soffermandosi sui colloqui con i genitori: “Con loro è più difficile, perché coloro che prendono parte ai nostri incontri rivolti proprio ai genitori sono già i più virtuosi. Per questo, cerchiamo la platea larga delle aziende, dato che ogni lavoratore ha tendenzialmente una famiglia e può essere veicolo di formazione“.