Elisabetta Cozzi, madrina del progetto e ideatrice del museo, un passato oltreoceano come manager di multinazionali e un presente nell’azienda automobilistica di famiglia a Legnano, ne è profondamente convinta.
Se qualcuno crede ancora negli stereotipi “Donne e motori, gioie e dolori”, “Donna al volante, pericolo costante”, “Guidi/parcheggi come una donna”, potrà ricredersi, grazie al progetto fotografico del Museo Fratelli Cozzi “Donne e motori? Gioie e basta”.
Il suo lavoro nell’automotive, l’ha portata a contatto con realtà prettamente maschili in cui spesso – specie nelle fiere motociclistiche – l’immagine della donna è quella seduttiva e oggettificata, una sorta di “complemento d’arredo” di fianco al bolide di turno per il piacere dell’occhio maschile.
“La violenza contro le donne e gli stereotipi di genere sono problemi profondamente radicati nella nostra società. Spesso l’abbinamento tra donne e automobili è denigratorio e irrispettoso – dice Elisabetta Cozzi-e così perpetua una cultura discriminatoria, distorcendo la realtà”.
Del resto, fino a pochi anni fa, e in taluni casi ancor oggi, l’associazione “bell’auto – bella donna” la faceva da padrona nella pubblicità diffusa sui media e solo da poco al volante c’è invece la donna, protagonista della sua vita.

Ed è proprio quest’ultima immagine che la Mostra, giunta ormai alla terza edizione, intende veicolare.
La prima edizione del progetto ha visto come madrina Bianca Carretto, storica giornalista automotive sul Corriere della Sera. Lei come le altre protagoniste delle immagini, sono donne affermatesi nei settori più diversi, dalle libere professioni all’industria, dalla politica al giornalismo, dalla sanità all’istruzione, all’associazionismo allo sport, partendo naturalmente dall’automobilismo.
Tutte le donne vengono fotografate, al volante, pronte a percorrere con sicurezza e fiducia la strada che hanno scelto.
Se nelle prime due edizioni il messaggio era l’empowerment nella terza è stato la sorellanza. “Ancora una volta– continua Cozzi – abbiamo provato a mandare in frantumi uno stereotipo, quello per cui le donne non sanno fare squadra. La capacità di lavorare in team non ha genere”: le immagini proposte hanno così visto ciascuna protagonista affiancata da una “sorella” con la quale ha un rapporto speciale in ambito professionale, come mentor o mentee, o personale.
Il progetto fotografico è itinerante e, rivolgendosi al Museo, è possibile ospitare tutte o alcune immagini presso le proprie sedi: le fotografie hanno viaggiato nelle più importanti sedi istituzionali e fiere di settore, nei musei e nelle scuole.
Prossima tappa Bruxelles, all’Unione Europea, e una nuova edizione che vedrà accanto alla protagonista un uomo, a trasmettere il messaggio che l’affermazione femminile passa anche attraverso il supporto e la collaborazione degli uomini illuminati che sostengono e promuovono l’affermazione femminile sul lavoro e nella vita.