In 31 ospedali italiani il 100% dei ginecologi è obiettore di coscienza: ciò rende difficoltosa la pratica dell’aborto.
Il 22 maggio del 1978 veniva approvata la legge n.194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Da quel momento in poi, l’aborto non fu più un reato. Sono passati 44 anni dall’approvazione della legge, ma ancora oggi l’obiezione di coscienza rende difficoltosa l’applicazione della legge stabilita nel 1978.
Secondo i dati raccolti sul personale sanitario, in ben 31 ospedali italiani lavorano soltanto operatori sanitari obiettori di coscienza. In queste strutture risulta quindi impossibile mettere fine ad una gravidanza. Ad oggi, 7 ginecologi su 10 si rifiutano di praticare l’aborto. In percentuale, tra coloro che lavorano all’interno delle strutture sanitare in Italia, il 67% dei ginecologi, il 43,5% degli anestesisti ed il 36,7% del personale non medico si rifiutano di praticare l’aborto.
Ma chi sono gli obiettori di coscienza?
Con il termine “obiezione di coscienza” si intende il rifiuto di adempiere a un dovere da parte di chi ritiene che le conseguenze di questo adempimento, vadano contro la morale della persona stessa. Si tratta, in parole povere, del rifiuto di sottostare a una norma imposta dall’ordinamento giuridico. Questo perché ritenuta ingiusta o moralmente sbagliata da chi deve metterla in atto.
Nonostante l’ondata dei movimenti femministi del 1978 affinché l’interruzione volontaria della gravidanza venisse resa legale, ancora oggi in Italia questo diritto non viene tutelato. L’accesso alla procedura risulta ostacolato a causa di ideologie culturali. Un caso recente della negazione del diritto d’aborto è quello della regione Umbria, dove si è svolta un’accesa protesta contro la decisione della regione di abolire il day-hospital per l’aborto con metodo farmacologico.
Perché definiamo l’aborto un diritto
Negare l’accesso all’aborto significa violare i diritti umani, in cui si viene meno al diritto della donna di autodeterminarsi. La negazione del diritto d’aborto costringe una donna a portare avanti una gravidanza indesiderata. Offrire la possibilità di abortire è un mezzo con cui è possibile garantire il rispetto dei diritti umani delle donne, al fine del raggiungimento della giustizia sociale e di genere.
È fuor di dubbio il fatto che la legge italiana sull’aborto del 1978 non sia un modo per incoraggiare l’aborto. Ma anzi vuole essere una tutela alle donne che consente, nei casi previsti, di poter ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. Ciò assicura le giuste condizioni igienico-sanitarie ed il giusto sostegno psicologico a coloro che necessitino tale operazione.