Alessia Pifferi: dubbi sulla sanità mentale, l’analisi dei periti

Alessia Pifferi: dubbi sulla sanità mentale, l’analisi dei periti

Il processo ad Alessia Pifferi per l’omicidio della figlia Diana diventa un caso studio sulla valutazione della sanità mentale in tribunale.

Il dibattito sulla capacità di intendere e di volere di Alessia Pifferi, accusata di un gesto inimmaginabile nei confronti della propria figlia Diana, si infiamma con le nuove dichiarazioni dei periti in tribunale. La questione centrale si articola intorno a un confronto serrato tra le analisi psichiatriche, con implicazioni decisive per l’esito del processo.

La capacità mentale di Alessia Pifferi

Come dichiarato da ilgiorno.it, Elvezio Pirfo, per la procura, afferma senza ombra di dubbio la piena lucidità mentale di Pifferi. “Anche ammesso che il test Wais fosse stato metodologicamente attendibile, e non lo è, non avrebbe determinato la possibilità in sé di dire che esisteva una disabilità intellettiva“, sostiene Pirfo, rilevando che la valutazione della disabilità intellettiva non può basarsi unicamente su test psicodiagnostici. Questa posizione mette in evidenza una visione della capacità di intendere e di volere di Pifferi come non compromessa da disturbi psichici.

Come trascritto da ilgiorno.it, dall’altro lato, Marco Garbarini, perito della difesa, presenta un quadro diverso, evidenziando potenziali compromissioni cognitive in Pifferi. “Le risposte date ai test avrebbero potuto essere simulate… Sono risposte molto congruenti con quello che ci si aspetterebbe da un quadro genuino piuttosto che da un quadro simulatorio“, sottolinea Garbarini, indicando una dissociazione tra le funzioni mentali dell’imputata.

Tra dipendenza e alessitimia: un puzzle clinico

Il dibattito si arricchisce ulteriormente con l’analisi di condizioni come la dipendenza e l’alessitimia. Pirfo chiarisce: “La necessità dell’accudimento, la necessità del dover essere protetta, credo che sia indiscutibile nella relazione soggettiva. Ma che questo automaticamente configuri quella condizione che noi chiamiamo disturbo, non è corretto“. L’alessitimia, descritta come uno stato di emotiva distanza, emerge come un altro punto di riflessione nella comprensione del comportamento di Pifferi. Come ripreso da ilgiorno.it

Mentre il processo si avvicina alla sua fase conclusiva, con la sentenza prevista per maggio, il confronto tra le diverse interpretazioni psichiatriche getta luce sulla complessità di valutare la sanità mentale in contesti legali. La richiesta di acquisire ulteriori documenti, come la lettera del parroco del quartiere di Pifferi, suggerisce che ogni dettaglio potrebbe avere il potere di influenzare l’interpretazione finale dei fatti.

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