Arrivato l’esito della perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, la donna che ha fatto morire di stenti la piccola figlia Diana di 18 mesi.
Svolta importantissima nel caso di Alessia Pifferi, la donna che ha lasciato morire di stenti la figlia Diana, di soli 18 mesi. In queste ore è arrivato l’esito della perizia psichiatrica voluta 4 mesi fa dai giudici della Corte d’Assise di Milano e depositata lunedì 26 febbraio nel processo per omicidio volontario aggravato. Il risultato è scioccante.
Alessia Pifferi, l’esito della perizia psichiatrica
Dopo le diatribe e il caso che ha coinvolto anche le psicologhe ecco arrivare l’esito della perizia psichiatrica su Alessia Pifferi. Il risultato è chiaro: la donna era capace di intendere e volere quando ha lasciato morire di stenti e disidratazione sua figlia Diana, di 18 mesi, lasciandola sola in casa per diversi giorni.
“Non essendo dimostrabile né una disabilità intellettiva, né un disturbo psichiatrico maggiore, né un grave disturbo di personalità, è possibile affermare che Alessia Pifferi al momento dei fatti per i quali è imputata era capace di intendere e di volere“. Sono queste le parole che si leggono nel documento realizzato dal perito Elvezio Pirfo in quasi 130 pagine di relazione.
Gli esperti sono convinti che “vista la mantenuta capacità di intendere e di volere non è possibile formulare una prognosi di pericolosità sociale correlata a infermità mentale. La donna presenta un funzionamento cognitivo integro e una buona capacità di comprensione della vicenda giudiziaria che la riguarda, sia in termini di disvalore degli atti compiuti sia dello sviluppo della vicenda processuale”.
La situazione delle psicologhe
Nella documentazione depositata, anche un riferimento ai test psicologici eseguiti in carcere su Pifferi che chiamano in causa anche le psicologhe del carcere di San Vittore e l’avvocatessa della donna che sono ora indagate per falso e favoreggiamento.
“Lo studio già eseguito sulle capacità cognitive della Pifferi, comprensivo del monitoraggio e dei colloqui che hanno preceduto la somministrazione del test di Wais, non è del tutto conforme ai protocolli di riferimento e alle buone prassi in materia di somministrazione di test psicodiagnostici e quindi l’esito del predetto accertamento non può essere ritenuto attendibile e compatibile con le caratteristiche mentali e di personalità dell’imputata per come emergono dagli ulteriori atti del procedimento e dall’osservazione peritale”, si legge.
La vicenda che coinvolge le psicologhe del carcere di San Vittore e l’avvocatessa della Pifferi sono al centro di un’altra indagine.