Alessia Pifferi, l’ex professore di sostegno: “Condannarla a 30 anni sarebbe ingiusto”

Alessia Pifferi, l’ex professore di sostegno: “Condannarla a 30 anni sarebbe ingiusto”

Il processo a Milano contro Alessia Pifferi, accusata per la morte della figlia Diana, pone questioni cruciali sull’esito giudiziario.

Alessia Pifferi è al centro di un caso giudiziario che ha scosso l’opinione pubblica nell’ultimo periodo. Accusata di aver abbandonato la figlia Diana di 18 mesi in casa per sei giorni, causandone la morte per stenti nel luglio del 2022, la donna è sotto processo per omicidio pluriaggravato a Milano. La piccola è stata trovata senza vita, abbandonata in un ambiente di estremo degrado. Nonostante le evidenze, il dibattito si infiamma attorno alla capacità di Alessia di comprendere e volere al momento dei fatti, sostenuta da una perizia psichiatrica.

L’insegnante di sostegno di Alessia Pifferi

In un’intervista rilasciata al programma “Storie Italiane” condotto da Eleonora Daniele, l’ex insegnante di sostegno di Alessia Pifferi ha offerto un ritratto intimo e difensivo della sua ex studentessa. Descrivendola come una persona immatura e senza una vera volontà nelle sue azioni, più simile a una bambina che a un adulto capace di intendere e di volere. “Considerarla completamente responsabile e condannarla a trent’anni sarebbe ingiusto“, sostiene l’insegnante, rivelando una personalità molto più complessa e disturbata rispetto a quanto potrebbe apparire.

L’analisi psicologica

La questione della sua salute mentale è ulteriormente complicata da nuove indagini su due psicologhe del carcere di San Vittore. Accusate di favoreggiamento e falso ideologico per aver descritto la Pifferi come affetta da un “gravissimo ritardo mentale” con un quoziente intellettivo equiparabile a quello di una bambina di sette anni, le loro relazioni hanno innescato ulteriori dubbi e teorie difensive. Il processo ha messo in luce non solo la tragedia personale, ma anche le potenziali criticità nel modo in cui la giustizia valuta e tratta casi di evidente disagio psichico.

Dagli atti emerge che Alessia Pifferi aveva lasciato la figlia sola per trascorrere del tempo col compagno, ignaro dell’abbandono. La scoperta della piccola Diana in condizioni così tragiche ha sollevato un’ondata di indignazione, facendo emergere la necessità di un esame più approfondito del supporto sociale e psicologico disponibile per individui in situazioni simili.

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