Alessia Pifferi: “Chiedeva soldi per la figlia, ma li spendeva per sé”

Alessia Pifferi: “Chiedeva soldi per la figlia, ma li spendeva per sé”

La rivelazione della polizia sulla vita di Alessia Pifferi: “Diana sola in casa, mentre la madre usciva in limousine”.

Cercando di ricostruire la vita di Alessia Pifferi, la 38enne che ha lasciato morire di stenti sua figlia Diana nella sua casa di Milano, emerge una triste verità. La donna si concedeva la libertà di vivere una vita di vizzi e lussi, mentre a casa “il frigorifero era vuoto”.

giudice martello tribunale

Le spese folli di Alessia Pifferi

Nei giorni precedenti alla morte della piccola Diana, Alessia Pifferi aveva noleggiato una limousine di lusso, del costo di oltre 500 euro, solo per raggiungere l’allora fidanzato a Leffe (Bergamo). Il dirigente della Squadra mobile di Milano, Marco Calì, ha spiegato che la donna aveva raccontato ad un’amica che “l’auto serviva per la festa di battesimo della piccola Diana”.

Ovviamente, non ci fu nessun battesimo. “La vettura serviva solo per trascorrere una serata romantica con il proprio compagno”, continua Calì precisando che dal traffico telefonico, non risultano mai chiamate a babysitter, quanto telefonate a taxi e noleggi auto di lusso.

Così, spendendo solo per sé e per i suoi vizi, Alessia aveva trascurato sua figlia tanto da lasciarla morire senza cibo ne acqua nella loro casa di Milano. “Tra il 14 e il 20 luglio la Pifferi si spostò diverse volte dalla casa del compagno a Leffe, e tutte le volte servendosi di trasporti privati da 300 euro a tratta”, aggiunge Calì.

I prestiti di denaro

Ma come riusciva a sostenere queste spese esagerate? Alessia Pifferi era solita chiedere prestiti di denaro, “con la scusa che le servivano per la bambina, quando in realtà servivano per pagarsi le sue serate romantiche.

In casa in realtà, il frigorifero era vuoto, “con all’interno solo un piatto di pasta fredda”, e pannolini usati sparsi sul pavimento. La piccola Diana di 1 anno e mezzo infatti, dopo sei giorni da sola ha cercato di sfamarsi con un pannolino, trovato poi nel suo stomaco.

La 38enne, reclusa da un anno nel carcere di San Vittore, ora rischia l’ergastolo per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e da motivi futili e abietti.

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