Nuovo processo per l’avvocata di Alessia Pifferi e cinque psicologi: la Procura parla di un piano per simulare un grave ritardo mentale.
Mentre la giustizia ha stabilito che Alessia Pifferi fosse capace di intendere e di volere ed è stata condannata all’ergastolo, un nuovo procedimento si apre ora contro la sua avvocata Alessia Pontenani, Marco Garbarini e cinque psicologi accusati di aver cercato di influenzare la perizia psichiatrica attraverso dichiarazioni false.
Le accuse della Procura
Secondo quanto emerso dall’indagine bis coordinata dal pubblico ministero di Milano sarebbe stato orchestrato un “piano precostituito” per aiutare Alessia Pifferi. L’obiettivo era far credere al perito nominato dalla Corte d’Assise di essere affetta da un “ritardo mentale grave“. Tra gli indagati ci sono l’avvocata Alessia Pontenani, cinque psicologi – quattro dei quali operativi nel carcere di San Vittore – e il consulente della difesa Marco Garbarini.
Nel corso dell’inchiesta, che ha coinvolto in totale sette persone, una delle quali ha poi chiesto di accedere alla messa alla prova, gli inquirenti hanno raccolto diversi elementi, tra cui numerose intercettazioni. Proprio da queste registrazioni emergono dettagli che, secondo l’accusa, confermerebbero la consapevolezza dell’imputata.
Le intercettazioni e la consapevolezza di Alessia Pifferi
Uno degli elementi più rilevanti dell’indagine, come aggiunto da Leggo, è costituito da un’intercettazione in cui Alessia Pifferi, 39 anni. La donna sembrerebbe che abbia ammesso di essere a conoscenza del “piano” volto a influenzare la perizia psichiatrica. Questo nuovo processo non dovrebbe mettere in discussione la condanna già inflitta alla donna, che resta riconosciuta capace di intendere e di volere nel momento in cui lasciò la figlia Diana da sola per sei giorni, recandosi dal compagno nella Bergamasca.
Le accuse mosse ora a Alessia Pontenani, Marco Garbarini e ai cinque psicologi sono di falso e favoreggiamento. La Procura ritiene che ci sia stato un tentativo concreto di indirizzare la valutazione clinica, compromettendo così la correttezza del procedimento giudiziario.
