Alessia Pifferi non ha più voglia di vivere: precipita la situazione in carcere

Alessia Pifferi non ha più voglia di vivere: precipita la situazione in carcere

Dopo l’ergastolo subito, Alessia Pifferi ha deciso che non ha più voglia di vivere. La donna starebbe “malissimo” a detta del suo avvocato.

La condanna ufficiale all’ergastolo per Alessia Pifferi e i primi giorni in carcere dopo la sentenza. La donna, ritenuta colpevole di aver lasciato morire di stenti sua figlia Diana di 18 mesi, ora avrebbe deciso di non voler più vivere. A confermarlo anche il suo stesso avvocato che ha parlato della sua assistita che starebbe “malissimo”. La Pifferi avrebbe deciso di iniziare lo sciopero della fame.

Alessia Pifferi ha iniziato lo sciopero della fame

Nelle 24 ore successive alla condanna all’ergastolo, la Pifferi aveva accusato un malore che aveva fatto allarmare il suo legale, Alessia Pontenani, che si era recato immediatamente nel carcere di San Vittore per verificarne le condizioni. Adesso, altro capitolo del caso con la donna, condannata per aver ucciso sua figlia Diana, che avrebbe deciso di optare per lo sciopero della fame.

La Pifferi avrebbe anche dichiarato: “Non ho più voglia di vivere“. Frase che, almeno a fatti, sarebbe stata confermata dal suo avvocato che ha sottolineato come la situazione legata alla sua assistita, di fatto, sia precipitata negli ultimi giorni. La Pontenani, infatti, come riportato da TgCom24, ha detto: “Sta malissimo, è distrutta. Non fa altro che piangere”. Da capire se questa situazione potrà essere messa sotto controllo o se si svilupperà con conseguenze più gravi per la donna.

Nessun trasferimento

La situazione nel carcere di San Vittore per la Pifferi sarebbe molto dura. Oltre alla condanna all’ergastolo, infatti, la donna sembra vivere in una condizione di perenne stress dovuto anche alle altre detenute. Come sottolineato da TgCom24, infatti, durante l’ultima udienza ad aprile, la donna aveva spiegato: “Sono stata anche picchiata dalle detenute a San Vittore e messa in isolamento protettivo, per cui quando devo uscire dalla cella per chiamare, per qualsiasi motivo, prima devono chiudere le altre detenute e poi, forse, mi fanno uscire dalla cella. Mi capita di sentire la notte le detenute che urlano dalle finestre ‘Mostro e assassina. Devi morire'”. Probabile che questi fattori abbiano contribuito all’ultima decisione drastica di non nutrirsi più.

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