La mamma di Alice Scagni e di Alberto ha scritto in una lettera: “Acquisite telefonate di allarme alla polizia”.
Mamma di un bambino di quasi due anni, Alice Scagni, 34 anni, era stata ritrovata in strada senza vita. Secondo le ricostruzioni dell’avvenimento, Alice sarebbe scesa in strada per discutere con il fratello. L’omicidio era avvenuto in via Fabrizi a Quinto, nel levante di Genova.
Successivamente al ritrovamento, l’uomo era stato poco dopo fermato nel quartiere di Quarto, vicino alla spiaggia, per poi essere condotto in questura ed interrogato dal pubblico ministero. La mamma della vittima ha scritto in una lettera: “Acquisite telefonate di allarme alla polizia”.
Secondo il procuratore Francesco Pinto, le telefonate “non sono rilevanti per stabilire infermità di Alberto”. Il procuratore capo Francesco Pinto, in seguito alla richiesta della madre di acquisire le telefonate del figlio per provarne l’infermità mentale, ha menzionato le regole del Codice di Procedura Penale rispondendo alla lettera scritta dalla mamma di Alice Scagni.
Alessandra Zarri, stessa madre sia della vittima che del carnefice, si rivolge in questo modo al Procuratore: “Il dramma immenso che ha distrutto la mia famiglia è che Alberto è il fratello di Alice ed entrambi sono figli miei. Sangue del mio sangue e di quello del loro padre”.
La madre è consapevole da tempo della malattia del figlio
Spiega di essere perfettamente consapevole della malattia del figlio: “Ho visto, in modo prepotente e spietato, insorgere la malattia in Alberto e progredire in modo inesorabile alimentata proprio dall’amore che aveva per sua sorella, con la quale aveva sempre avuto un rapporto stretto e del tutto speciale”. La madre di Alberto spiega: “Mi spaventava sempre di più fino a non riconoscere più mio figlio”.
Secondo Alessandra Zarri, che avrebbe fatto di tutto per aiutare suo figlio nella malattia, non ci sarebbe stato il giusto aiuto da parte degli istituti competenti. “Io e suo padre abbiamo assistito impotenti e soli alla sopraffazione spietata della sua devastante malattia. Abbiamo cercato aiuto nelle istituzioni per tentare di evitare ciò che stava apparendo sempre più inevitabile”.
E continua: “Abbiamo chiesto a chi doveva e ne aveva il potere, di fermarlo. Di curarlo. Ora quelle telefonate che sono state registrate non sono agli atti del fascicolo che ci è stato messo a disposizione. Avrebbero potuto e dovuto intervenire ed evitare tutto questo?”