Alterazioni polmonari post-COVID: ecco cosa succede veramente
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Direttore: Alessandro Plateroti

Alterazioni polmonari post-COVID: ecco cosa succede veramente

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La verità sulle alterazioni polmonari residue dopo l’infezione da COVID. Uno studio pubblicato su Radiology fornisce nuove linee guida.

Durante la pandemia da COVID-19, molti pazienti hanno sviluppato alterazioni polmonari residue visibili alla tomografia computerizzata (TC) anche mesi dopo la guarigione. Queste alterazioni, che possono includere aree di vetro smerigliato, fibrosi lieve e ispessimenti pleurici, sono spesso associate a sintomi respiratori persistenti.

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Le alterazioni polmonari dopo il COVID-19: un fenomeno frequente ma non allarmante

Tuttavia, uno studio pubblicato su Radiology riportato da quotidianosanita.it, frutto di un consensus multisocietario internazionale, rivela come stanno le cose: “Visibili alla tomografia computerizzata (TC), le alterazioni polmonari residue post COVID-19, che riguardano fino al 50% dei pazienti che hanno avuto un’infezione che ha richiesto il ricovero, possono essere associate a sintomi respiratori persistenti o progressivi e sono spesso correlate ad alterazioni dei test di funzionalità respiratoria, ma a differenza di anomalie di altra natura non infettiva, tendono a stabilizzarsi o regredire nel tempo, indicando che sono di natura non progressiva e solo post infettiva.”

Il lavoro è stato coordinato dalla professoressa Anna Rita Larici con il contributo di 21 radiologi toracici delle principali società internazionali di imaging (ESTI, STR, ASTR) e validato da pneumologi esperti.

Nuove raccomandazioni per una diagnosi corretta

Il consenso propone nuove linee guida per la gestione delle immagini TC nei pazienti post-COVID. Una delle indicazioni più rilevanti è quella di effettuare la TC torace solo se i sintomi respiratori persistono oltre i tre mesi dall’infezione, utilizzando apparecchiature a basso dosaggio.

“Queste includono la differenziazione tra alterazioni polmonari residue persistenti da COVID-19 – come il vetro smerigliato – ed eventuali alterazioni fibrotiche, nonché la valutazione dell’evoluzione temporale di questi reperti”, spiega la professoressa Larici.

È fondamentale, come sottolinea la stessa docente, “distinguere le alterazioni polmonari residue post-COVID-19 dalle anomalie polmonari interstiziali (ILA) e dalle interstiziopatie polmonari (ILD), in particolare quelle fibrotiche, poiché hanno implicazioni cliniche molto diverse: i cambiamenti post-COVID-19 in genere si stabilizzano nel tempo, mentre le ILA e le ILD possono progredire e avere una prognosi sfavorevole.”

Tra le raccomandazioni emerge l’importanza di usare un glossario tecnico standardizzato e di evitare espressioni come “fibrosi polmonare”.

“Chiamarle nel modo giusto è fondamentale – spiega – per indirizzare il paziente in un percorso di follow up adeguato ed evitare di interpretare erroneamente le alterazioni post-COVID-19 come una manifestazione precoce di malattia polmonare interstiziale.”

Infine, la professoressa conclude come riportato da quotidianosanita.it: “Solo una percentuale molto minima di pazienti presenta fibrosi permanente post-COVID-19. Anche se non possiamo dare stime definitive, si ritiene si tratti di casi estremamente rari.”

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ultimo aggiornamento: 23 Luglio 2025 10:40

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