Approvata la tassa più strana del mondo: chi pagherà per i peti dei bovini

Approvata la tassa più strana del mondo: chi pagherà per i peti dei bovini

La Danimarca introduce la tassa sui peti dei bovini: dal 2030, gli allevatori pagheranno per le emissioni di metano dei loro animali.

La Danimarca ha ufficialmente approvato una misura che farà discutere: a partire dal 2030 gli allevatori dovranno pagare una tassa per ogni tonnellata di metano emessa dai peti dei bovini.

Secondo le stime riportate da Focus, i bovini da allevamento producono circa il 15% delle emissioni globali di gas serra, un contributo non può essere più ignorato.

Mucche bianche e nere

Come funziona la tassa sui peti dei bovini

La misura, approvata a larga maggioranza dal Parlamento danese, prevede che gli allevatori paghino una tassa proporzionale alla quantità di metano emessa dai propri animali.

Il sistema – al momento – non prevede un monitoraggio diretto delle emissioni di ciascun capo di bestiame, ma si baserà su stime calcolate in base al numero di animali presenti in ogni azienda agricola.

La tassa partirà da 300 corone danesi (circa 40 euro) per ogni tonnellata di metano prodotta, con un incremento programmato fino a 750 corone (circa 100 euro) entro il 2035.

Questa graduale introduzione è stata studiata per permettere agli allevatori di adattarsi e adottare soluzioni che possano ridurre le emissioni.

Per supportare la transizione, è probabile che il governo danese ha inoltre previsto incentivi economici per le aziende agricole che investono in tecnologie innovative.

Qual è l’obiettivo?

L’introduzione della tassa sui peti rientra in un piano più ampio che mira a ridurre le emissioni di gas serra del Paese di 2,35 milioni di tonnellate entro il 2032.

Oltre alla tassazione delle emissioni animali, il piano prevede anche la riconversione di circa 250.000 ettari di terreno agricolo in aree forestali.

Questa trasformazione non solo contribuirà all’assorbimento naturale di CO2, ma rappresenterà anche un importante passo verso la diversificazione dell’uso del suolo in un Paese dove il 60% del territorio è dedicato all’agricoltura intensiva.