Arresto Messina Denaro, Martelli: “Sono passati 30 anni”

Arresto Messina Denaro, Martelli: “Sono passati 30 anni”

L’ex Ministro, dopo l’arresto di Messina Denaro, rivela i suoi interrogativi sull’efficacia del sistema di sicurezza in Italia.

L’Italia trionfa la cattura di Matteo Messina Denaro, il boss mafioso di Cosa Nostra latitante per ben 30 anni che questa mattina è stato finalmente arrestato dalla squadra Ros dei Carabinieri. Del boss non si avevano più notizie dal lontano 1993, finché non è stato tradito dalle telecamere che hanno registrato i suoi spostamenti.

Arresto

“Sono passati 30 anni”

Dopo Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo ucciso da Cosa nostra nella strage di via D’Amelio, si avverte l’insoddisfazione anche da parte dell’ex Ministro della Giustizia, scrittore e direttore dell’Avanti!, Claudio Martelli, per quanto riguarda l’arresto di stamattina di Messina Denaro.

“Devo dire che, dopo 30 anni di latitanza, non sento una grande emozione. Comprendo l’entusiasmo dei Ros che hanno effettuato l’arresto e mi congratulo con loro, ma sono passati 30 anni”, dichiara Martelli durante un’intervista a Rainews.it.

Dopo la latitanza trentennale di Totò Riina, anche quella del boss di Cosa nostra viene fermata solo dopo 30 anni. Latitanze trascorse “nella città dove vivono”, tuona l’ex Ministro. “Evidentemente, c’è ancora la possibilità di nascondersi per tanto tempo. Ecco perchè non ritengo ci sia molto da festeggiare. Rimane il fatto che in Sicilia i capi mafiosi hanno potuto nascondersi per 30 anni. Il dubbio che le maglie nel sistema di sicurezza siano troppo larghe è forte”.

Martelli e il clan di Brancaccio

Nel 1992, l’allora ministro Martelli, fu nel mirino del gruppo mafioso di Brancaccio di cui faceva parte Messina Denaro. Avvenne una sparatoria sotto la casa affittata da Martelli sulla via Appia, da parte di due persone che spararono vicino all’auto della sua scorta. Accadde all’indomani del decreto per cui furono prorogati in carcere “alcuni boss che dovevano essere scarcerati per decorrenza dei termini di custodia cautelare e che, invece, vennero incarcerati di nuovo”.

I due che iniziarono la sparatoria, due fratelli mafiosi, furono poi arrestati, di cui uno è stato condannato già per omicidio. Poco tempo dopo Giovanni Falcone fu ucciso a Palermo. “Le nuove mafie sono proprio quelle che temeva Falcone. Un sistema criminale concentrato soprattutto sul traffico di dati, diversa. Quelle che si chiamano le cyber mafie si concentrano sul furto di dati, una delle attività criminali più specialistiche e importanti perché lì c’è il maggiore guadagno. Immagini quanto possono ricavare ricattando economicamente le aziende”, afferma Martelli.