Asti, uccise la mamma perché soffriva. Il giudice lo assolve

Asti, uccise la mamma perché soffriva. Il giudice lo assolve

Asti, un giudice ha assolto un uomo di cinquantadue anni a processo perché uccise la madre. La sentenza: “Il fatto non sussiste”.

Asti: è una sentenza in qualche modo storica quella con il quale il giudice ha deciso di assolvere un uomo di 52 anni che uccise la mamma perché soffriva.

Asti, cinquantenne uccide la mamma perché soffriva. La confessione a tre anni di distanza dalla morte della donna

Il caso risale al 2017. L’uomo si trovava in casa con la mamma, allettata da tempo. L’uomo intuisce che la mamma sta male, si attiva per chiamare i soccorsi ma la donna, ormai stanca e provata, gli chiede di fermarsi. Il medico legale che procederà con gli accertamenti stabilirà che il decesso è avvenuto per cause naturali. La storia si chiude. Salvo poi riaprirsi clamorosamente a distanza di tre anni, quando l’uomo si reca da carabinieri confessando l’omicidio. Prima ha somministrato dei sonniferi all’anziana madre e poi l’ha soffocata con il cuscino.

Ambulanza

Il giudice lo assolve: il fatto non sussiste

L’uomo viene accusato di omicidio volontario e viene rinviato a giudizio. Nel corso del processo il colpo di scena: il giudice lo assolve in quanto il fatto non sussiste. Si tratta evidentemente di una sentenza forte, che qualcuno ha definito addirittura coraggiosa. Sulla decisione del giudice ha pesato anche quanto emerso durante il processo. Il cinquantaduenne si è sempre preso cura dei suoi anziani genitori. Anche del padre, morto a causa di un ictus.

Tribunale

Il lungo post pubblicato dall’avvocato della difesa

Commovente e toccante il post condiviso su Facebook dal legale dell’uomo: “Aspettava, senza nemmeno il sogno di un miracolo, privo di una speranza che non merita chi uccide la propria madre, nemmeno se per un atto di amore, perché a 92 anni le sue ossa stavano diventando polvere, le sue sofferenze continue e atroci, in un inferno quotidiano.

Aspettava, senza energie, dopo avere pianto dignitosamente nascondendosi dietro una mascherina, mentre rispondeva alle domande del giudice e descriveva il dramma della scelta di quella lontana mattina.

Aspettava, senza pretese di essere condiviso e neanche capito, avendo seguito la sua coscienza che poi lo aveva tradito, togliendogli sonno e serenità e vita normale per tre anni, fino a spingerlo a presentarsi dai carabinieri del paese, sedersi davanti al maresciallo incredulo, e raccontare la sua storia, a testa bassa.

Aspettava, senza la lucidità che si sforza di avere chi cerca di capire, come se il destino fosse ineluttabile.

All’improvviso un rumore di passi, il tocco nascosto ma fermo dell’avvocato seduto di fianco che lo invitava ad alzarsi in piedi, una voce mono-tona che rosariava formule, numeri, forse articoli.. e codice penale, e poi il silenzio… e nelle orecchie solo quelle ultime parole, appena percepite, a testa bassa, … si assolve“.