Attentato in Kashmir, la reazione forte dell’India contro il Pakistan
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Direttore: Alessandro Plateroti

Attentato in Kashmir, la reazione forte dell’India contro il Pakistan

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Dopo l’attacco a Pahalgam, l’India accusa il Pakistan e sospende il Trattato delle Acque. Tutti i dettagli.

Il 22 aprile 2025, l’India è stata colpita da un tragico attentato a Pahalgam, nel Kashmir amministrato da Nuova Delhi. Ventisei persone hanno perso la vita, e decine sono rimaste ferite in un attacco che ha scosso l’intera nazione. In poche ore, il governo indiano ha puntato il dito contro il Pakistan, accusandolo di essere la mente dietro l’attacco, pur senza presentare prove concrete.

La reazione politica è stata immediata e decisa. Ma più che una risposta puramente difensiva, la strategia del governo di Narendra Modi sembra inserirsi in un quadro più ampio, dove la tragedia viene utilizzata come leva per rafforzare il consenso interno e giustificare scelte politiche aggressive.

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“Il nostro 7 ottobre”: un paragone carico di conseguenze

Ciò che ha destato maggiore attenzione è stata la definizione dell’attacco come “il nostro 7 ottobre”, richiamando gli attacchi di Hamas contro Israele nel 2023. Questo paragone non è solo una metafora: rappresenta una precisa narrazione politica, che assimila la minaccia percepita dall’India a quella vissuta da Israele.

Questa scelta retorica serve a giustificare una politica più dura e ad alimentare il nazionalismo. Presentare l’attacco come equivalente a un evento che ha scosso il mondo intero consente al governo di Modi di mobilitare l’opinione pubblica, invocando misure straordinarie e una postura internazionale più assertiva.

La sospensione del Trattato delle Acque: un rischio calcolato?

Tra le prime mosse concrete, l’India ha annunciato la sospensione unilaterale del Trattato delle Acque dell’Indo, firmato nel 1960 per regolare la condivisione delle risorse idriche tra India e Pakistan. Ufficialmente, si tratta di una risposta al “terrorismo transfrontaliero”. Tuttavia, molti esperti sottolineano che l’India non dispone delle infrastrutture per interrompere realmente il flusso delle acque in tempi brevi.

Questa sospensione sembra quindi più un gesto simbolico che una misura operativa, volto a inviare un messaggio di forza e controllo sia al Pakistan sia alla comunità internazionale. Ma proprio questa scelta potrebbe rivelarsi un boomerang, riducendo la fiducia internazionale e spingendo Islamabad a reagire sul piano diplomatico.

Il Pakistan, infatti, ha subito respinto le accuse e invocato un’inchiesta internazionale. In più, ha minacciato di sospendere l’Accordo di Shimla del 1972, che finora ha limitato l’intervento internazionale sulla questione del Kashmir.

Ed è qui che emerge il rischio maggiore: se l’Accordo di Shimla venisse meno, la disputa sul Kashmir potrebbe tornare all’attenzione delle Nazioni Unite e di altri attori globali, esponendo l’India a nuove pressioni e a un isolamento diplomatico crescente.

In questo contesto, la strategia del governo Modi rischia di essere più controproducente di quanto ci si aspetti. Trasformare una tragedia in uno strumento per spingere una politica estera aggressiva può alimentare tensioni e avvicinare lo spettro di un conflitto. La diplomazia, oggi più che mai, rappresenta l’unica via per evitare un’escalation incontrollabile che minaccerebbe la stabilità dell’intera regione.

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ultimo aggiornamento: 4 Maggio 2025 18:23

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