Autista Messina Denaro in carcere, “conosceva la sua identità”

Autista Messina Denaro in carcere, “conosceva la sua identità”

Giovanni Luppino si è dichiara ignaro della vera identità di Messina Denaro, ma il gip di Palermo sostiene il contrario.

Durante l’interrogatorio di garanzia Giovanni Luppino, l’autista del boss arrestato insieme a lui favoreggiamento aggravato, ha assicurato di non essere a conoscenza della sua vera identità prima del blitz di Palermo. Adesso il gip di Palermo Fabio Pilato, rivela il contrario nella ordinanza di custodia cautelare.

Arresto, manette

Una versione inveritiera

Secondo quanto appreso, al momento dell’arresto Luppino aveva in tasca due telefoni cellulari in modalità aerea, ma anche dei ‘pizzini’, ovvero una serie di biglietti e fogli su cui erano scritti numeri di telefoni, nominativi e appunti di vario genere, “dal contenuto oscuro e di estremo interesse investigativo”.

Quando ha accompagnato in auto Messina Denaro di Castelvetrano, l’autista dichiara di essere convinto che si trattasse di un parente di Andrea Bonafede, come gli era stato riferito, con la richiesta di accompagnarlo alla clinica Maddalena per la chemioterapia. Ma la sua versione dei fatti è apparsa poco credibile agli inquirenti.

Subito dopo il suo arresto di lunedì mattina, alla clinica Maddalena di Palermo, il boss di Casa Nostra avrebbe detto al suo autista, Giovanni Luppino: “E’ finita”.

Messina Denaro si fidava di lui

In quanto “il ruolo di autista costituisce compito estremamente delicato e strategico nell’organizzazione interna di Cosa Nostra”, è logico che “l’incarico viene assegnato a persone di massima fiducia, in grado di garantire segretezza, sicurezza ed affidabilità degli spostamenti”, spiega il gip di Palermo.

Per cui, trattandosi di un soggetto a stretto contatto con il boss, “può senz’altro presumersi che egli sia custode di segreti e prove che farebbe certamente sparire se lasciato libero. A ciò aggiungasi che occorre svolgere degli accertamenti sui pizzini dal contenuto sospetto rinvenuti al momento della perquisizione”, dichiara Pilato.

Sussistono quindi le esigenze cautelari dato che Luppino, come soggetto di estrema fiducia, ha potuto fornire estrema protezione per trent’anni al boss colpevole di reati di una certa entità. Per Pilato “nessun’altra misura all’infuori del carcere è, dunque, idonea a contenere le esigenze cautelari sopra rappresentate”.