Bayesian: le possibili cause dell’affondamento

Bayesian: le possibili cause dell’affondamento

Analisi delle ipotesi e delle dinamiche dietro la tragedia marittima del 19 agosto a cura del perito nautico Francesco Foppiano


Con la doverosa premessa che è quanto mai complesso il dover formulare ipotesi di un sinistro marittimo persino quando, come chi scrive, si trova ad agire come consulente tecnico del tribunale chiamato a valutare in prima persona le prove e le testimonianze relative ad un determinato evento. 

Figuriamoci quanto possa essere complicato se non impossibile, tentare di trarre conclusioni basandosi su pochi elementi trapelati attraverso i media ed inevitabilmente alterati da persone che spesso poco hanno a che fare con l’architettura navale, la navigazione e la meteorologia.

Pertanto voglio limitarmi a valutare in maniera quanto più possibilmente oggettiva e con termini comprensibili ai più, i pochi indizi che persino ad un professionista del settore spesso faticano a combinare.

Le prove certe

Le “prove certe” sono che il Bayesian, un Perini di 56 metri di recente costruzione, imbarcazione che rappresenta lo stato dell’arte di questo tipo di megayacht a vela nonché orgoglio della cantieristica nazionale, si trovava a circa 700 metri ad Est del porticciolo di Porticello Santa Flavia, all’ancora su un fondale di 30-40 metri, mi sento di aggiungere che vista la posizione era in una condizione di buona sicurezza.

E’ cronaca che durante la notte del 19 Agosto, durante un forte temporale, si è inabissata molto velocemente. Delle 22 persone a bordo 15 si sono salvate, una è stata ritrovata morta e 6 sono ancora disperse.

Le persone che si sono salvate lo hanno fatto grazie alle zattere di salvataggio che su una unità del genere devono essere fissate in coperta tramite un gancio idrostatico che, se raggiunta una certa profondità, libera la zattera permettendole di salire e gonfiarsi una volta in superficie.

Toccante è la vicenda di una madre che è riuscita a buttarsi in mare con un neonato di un anno, raggiungendo la salvezza nuotando fino alla zattera gonfiabile, incredibilmente ancora sul posto nonostante un vento tale da rovesciare una barca da 500 tonnellate.

A pochi istanti dall’affondamento, i naufraghi sono stati eroicamente raggiunti dal tender della goletta “Sir Robert Baden Powell” che era ancorata a poche centinaia di metri a ovest più verso la spiaggia, su circa 15 metri di fondale.

I superstiti raccontano che la barca si sia improvvisamente inclinata su un lato e sia colata a picco in pochissimi istanti, forse un minuto appena.

Le teorie finora proposte sulle possibili cause di affondamento sono diverse ed una ad una proviamo ad analizzarne i vari aspetti e capire cosa torna e cosa no.

Le teorie dell’affondamento

La prima teoria, condivisa dai più, è quella del downburst, ovvero una massa d’aria che “cade” verticalmente ad altissima velocità da nubi temporalesche e una volta impattato con la superficie, si apre a raggiera in tutte le direzioni con venti anche fino a 240 km/h. Tale improvvisa raffica di vento avrebbe inclinato la barca oltre i 90°, nonostante fosse a secco di vele, causandone l’allagamento e conseguente affondamento.

Premettendo che tale evento è tecnicamente possibile sia da un punto di vista meteorologico così come, in via prettamente teorica, anche da un punto di vista di stabilità della nave, ci sono alcuni punti che non tornano: primo fra tutti il fatto che un tale evento meteorologico così forte da permettere il rovesciamento a secco di vele di una unità progettata per resistere alla forza di oltre 2000 mq di vele, avrebbe per forza interessato tutta la costa limitrofa e causato danni almeno nel raggio di 1 -2 km se non di più.

Ad oggi non si hanno notizie di danni similari alle barche ormeggiate nel porto distante appena 700 metri dal luogo del naufragio e addirittura vi è un video ripreso dalla telecamera di sorveglianza di una villa affacciata sul mare, che riprende gli ultimi istanti di vita dello yacht.

In tale video si vede chiaramente lo yacht, perfettamente dritto e ad un certo punto scomparire. In primo piano si vedono alcune piccole barche ormeggiate, con tanto di tendalini aperti che nel frattempo rimangono assolutamente integrie privi di strappi. A giudicare dalle immagini, il vento, probabilmente molto forte, non sembrava così intenso da giustificare una situazione di grave emergenza, tantomeno causadi un sinistro di tale portata.

Inoltre è singolare che lo yacht che ha prestato soccorso, il “Sir Robert Baden Powell”, una goletta in acciaio degli anni ’50 progettata e costruita su stile di barche di oltre un secolo fa e con caratteristiche di stabilità nettamente inferiori a quelle del Perini,ormeggiata a poche centinaia di metri da quella affondata, sia passata totalmente indenne a tali raffiche lasciando persino il tender illeso e libero di essere utilizzato, per fortuna, alcuni stanti dopo. Come detto in precedenza, certi eventi atmosferici possono essere sì molto localizzati, ma difficilmente così localizzati da interessare una sola barca in tutta una rada.

Si è discusso anche della complicità della deriva alzata, infatti tale unità, come tutti gli altri Perini finora costruiti, sono dotati di una deriva mobile. C’è da tenere presente che la deriva mobile su quell’unità concorre solo in parte ad aggiungere stabilità, in quanto buona parte del raddrizzamento è data anche dalla parte fissa della pinna di zavorra, che si estende verticalmente per circa due metri sotto la linea di chiglia, per un totale di 4 metri di pescaggio e rappresenta il 50% delle 100 tonnellate totali della zavorra. 

La parte mobile, una vera e propria pinna che ruotando verso il basso porta il pescaggio a oltre 9 metri, pesa circa 50 tonnellate e oltre ad abbassare ulteriormente il baricentro totale della zavorra, serve a conferire portanza e a non fare scarrocciare la barca nelle andature a vela. 

Da un calcolo spannometrico con i pochi dati a disposizione, si può desumere che qualora la pinna fosse stata retratta completamente, il momento raddrizzante della zavorra avrebbe subito una riduzione del 30% che comporta probabilmente una riduzione del 20% del momento raddrizzante totale dell’imbarcazione. 

Le barche a vela moderne devono per legge poter tornare dritte da sole anche se inclinate anche di 90° e oltre, a circa 70-80° di inclinazione offrono il massimo raddrizzamento. Per questioni di regolamenti, la barca deve possedere una stabilità sufficiente anche con la deriva retratta, in quanto non può permettersi di ribaltarsi se ormeggiata in porto(quindi con la deriva alzata per questione di pescaggio). Inoltre, non si hanno notizie di altre barche analoghe “coricatesi” (anche senza affondamento) seppur in presenza di tempeste tropicali ed eventi atmosferici estremi. Una barca come questa ha requisiti di stabilità alti ed è difficile da immaginare che si sia “sdraiata” addirittura senza vele e ferma all’ancora. Nella storia recente ci sono alcuni esempi di velieri che a causa del vento si sono “coricati” ed affondati, ma stiamo parlando di velieri antichi o costruiti con tecniche antiche, spesso in legno la cui causa dell’affondamento è stato quasi sempre lo spostamento della zavorra interna. Da far notare che altri Perini analoghi hanno resistito senza danni alla forza micidiale dell’uragano Katrina del 2005.

Una possibile ipotesi, per ora non suffragata da alcuna prova,sarebbe un catastrofico cedimento della struttura di collegamento della pinna di zavorra con lo scafo, questo per via di un forte ed improvviso sbandamento non bilanciato dalla portanza che di solito avrebbe offerto la pinna in navigazione e quindi in velocità, lasciando la barca priva di raddrizzamento e con una immensa via d’acqua in chiglia nel mezzo di tutti i compartimenti stagni. 

Tale casistica è estremamente rara su barche più piccole e praticamente non riscontrabile su barche a vela più grandi, comunque è un caso tecnicamente possibile e sarebbe la causa che più facilmente farebbe tornare molti conti così come giustificherebbe il fatto che la barca sia rimasta sdraiata per lungo tempo. Questa evenienza, molto più unica che rara, sarà eventualmente facilmente riscontrabile dai sommozzatori. 

Il fatto che l’albero sia rimasto al suo posto è ormai un fatto accertato, pertanto non è ipotizzabile che un disalberamento abbia causato una falla tale e per cui l’unità sia affondata in pochi secondi.

Merita una considerazione il fatto dell’imponente altezza dell’albero di 75 metri, condizione però che dovrebbe essere stata ampiamente studiata in fase progettuale ed è singolare che ad oltre 15 anni dal varo e dopo aver navigato in tutti i mari del mondo, proprio ora si dimostri inadeguatamente alto e faccia ribaltare la barca con un temporale.

Solo un grossolano errore di calcolo legato alla progettazione potrebbe essere una possibile causa della scarsa stabilità, oppure causa di un cedimento strutturale.

Il dato che una volta appoggiatasi sul fondo sia inclinata su un lato è una condizione quanto mai plausibile in funzione della forma della carena, sarebbe innaturale nonché impossibile che si fosse appoggiata dritta.

Questo, sia qualora la chiglia fosse ancora al suo posto, sia qualora la pinna fosse andata persa. È anche verosimile che sia inclinata sul lato da cui è entrata l’acqua, quindi è difficile per ora per i sommozzatori constatare la possibile causa dell’allagamento in quanto sarebbe nella parte a contatto con il fondale.

La cosa più sconcertante è la rapidità con cui, pare, sia colata a picco. Per fare qualche esempio arcinoto, il Titanic è rimasto a galla per oltre tre ore nonostante uno squarcio lungo oltre 90 metri sotto al galleggiamento che ha allagato 5 dei 16 compartimenti (parzialmente) stagni. Per fare un altro esempio, la Costa Concordia ci mise anche lei alcune ore per affondare nonostante uno squarcio di 53 metri nello scafo a diversi metri di profondità.

Appare alquanto singolare che uno yacht di quasi 500 tonnellate econ lo scafo integro, possa affondare in 60 secondi per via dell’acqua entrata da uno o al massimo 2 portelli a scafo (anche se quello di poppa difficilmente sarebbe stato immerso anche con lo scafo inclinato di 90°) e tutto ciò nonostante i diversicompartimenti stagni di cui la barca era dotata.

Il portello laterale apre su un locale contiguo a quello su cui si affaccia il portello dello specchio di poppa e collegato alla sala macchine attraverso una porta stagna. Errore dell’equipaggio sarebbe stato sicuramente l’aver lasciato questa porta aperta ed aver quindi permesso all’acqua di allagare la sala macchine allagamento che comunque non si sarebbe potuto estendere oltre quest’ultima e quindi al resto della barca per via della paratia a proravia del locale motore. 

Non potendo escludere questa casualità seppur priva di altri eventi comparabili, si può però dissentire sulla tempistica, in quanto in assenza di una grande apertura generatasi improvvisamente come una falla o lo squarcio dovuto alla perdita della pinna di zavorra, è difficile ipotizzare un completo allagamento di tutti i compartimenti e conseguente affondamento in un solo minuto,solo a causa dell’acqua che entra dalle aperture poppiere seppur spalancate. 

Più probabile sarebbe ipotizzare un allagamento completo in 10-15 minuti a causa del persistente assetto sbandato della barca e quindi dell’allagamento derivante dalle aperture sul ponte di coperta e dagli oblò a murata in aggiunta a quella proveniente dalle ampie aperture già citate.

Vi è anche una teoria, definita complottista dai più e degna di un techno-thriller di Tom Clancy ove ad affondare il Bayesian sia l’azione di un commando all’interno di una fantomatica spy-story. Questa teoria, che riporto per onor di cronaca e per ora non suffragata da alcun indizio, vedrebbe inevitabilmente un sabotaggio come causa dell’affondamento.

È da escludere categoricamente una esplosione da carica esplosiva generica, in quanto l’esplosione sarebbe stata facilmente individuata e riportata da testimoni e tale evento si vedrebbe chiaramente nel video già citato. Per provocare un simile e rapido allagamento, l’unica soluzione ipotizzabile sarebbe una carica esplosiva plastica a perimetro come quelle utilizzate dalle forze speciali per aprire varchi nelle superfici blindate, le quali, concentrano una piccola ma strutturalmente letale deflagrazione nel perimetro su cui è applicata.

Tale soluzione avrebbe potuto aprire facilmente una larga porzione di scafo e permesso ad una enorme massa d’acqua di entrare di colpo nei locali designati, provocando un affondamento estremamente veloce e letale. Proprio in questi giorni, a dare una mano ai sostenitori di questa tesi, è la contemporanea morte per incidente stradale di uno stretto collaboratore dell’armatore e la memoria di un analogo tragico caso di naufragio, avvenuto appena un anno fa sul Lago Maggiore, i cui contorni da spy-story possono essere dagli amanti dei thriller in qualche riconducibili, così come le modalità e le circostanze di affondamento.

Anche in tale versione ci sono dettagli che non tornano: tatticamente non sostenibile il tentare il difficoltoso affondamento di una unità di 56 metri per eliminare ben definite persone senza la certezza dell’effettiva eliminazione, ciò lo prova che siano stati più i superstiti che le vittime. Inoltre, per ora, non sono trapelati dettagli di una (inevitabile) esplosione, i cui effetti saranno in caso facilmente riscontrabili una volta ispezionato il relitto. Nella rarissima eventualità che la causa fosse realmente questa, dubito che possa essere resa pubblica.

Vi è un’altra teoria, quella dell’incaglio sulla secca dello scoglio delle formiche, però il tracciato AIS, una sorta di scatola nera dei movimenti della barca da tutti visualizzabile on line, esclude tale ipotesi e lo yacht risultava all’ancora, tale versione è confermata anche dal video della telecamera di sorveglianza. Pare che durante il colpo di vento, la barca abbia arato oppure steso la catena per diverse decine di metri, questo però porta a pensare che la prua fosse sempre verosimilmente al vento, riducendo l’effetto sbandante del vento che sarebbe massimo solo se colpisse la barcaal traverso. Nel video si vede che la barca era abbastanza in linea con il vento e non si vede rollio, solo l’affievolirsi delle luci per via della fortissima pioggia e poi il nulla. Sarebbe interessante vedere il proseguire del video ma quanto reso pubblico, arriva solo fino ad un certo istante.

A conclusione di ciò, da marinaio, da perito e da docente, non posso che dissentire da tante ingenue inesattezze sentite fino ad oggi e non posso che dire che l’unica soluzione sarà quella di aspettare gli esiti delle perizie e delle indagini, sempre che, vista la natura sensibile delle persone coinvolte, alcuni dettagli non vengano omessi o secretati.

Molto probabilmente, come spesso accade, questa tragedia non è avvenuta a causa di unica causa scatenante ma per via di una seriedi incredibili casualità, leggerezze, sottostime e soprattutto errori umani che presi singolarmente sono di poco conto ma che sommati tutti insieme hanno portato a questo incredibile tragiconaufragio.

Non ho dubbi nell’affermare che una tragedia del genere scriverà un capitolo indelebile della storia dello yachting e le deduzioni che scaturiranno dalle vere indagini, qualora non ci fosse il dolo di mezzo, andranno a scrivere nuovi capitoli e nuove regole nella progettazione e nella costruzione delle barche. Tutto ciò sarà da monito anche per gli equipaggi degli yacht, i quali non potranno più prendersi il rischio di sottostimare l’insorgenza di tali eventi e non preparare la barca a queste, seppur rare, calamità.

Si ringrazia per la collaborazione Francesco Foppiano.

Francesco Foppiano è perito nautico iscritto a ruolo presso la CCIAA di Genova nonché docente universitario di “Storia dello Yachting” ed “Evoluzione tecnica delle imbarcazioni da diporto” presso i corsi di laurea in “Design del Prodotto Nautico” ed “Ingegneria Nautica” presso l’Università di Genova.

Esperto velista e skipper, da sempre si occupa professionalmente di consulenza e progettazione nel restauro di barche d’epoca. La sua area di interesse spazia anche al campo delle imbarcazioni militari e da soccorso, seguendone in prima persona la loroprogettazione e commercializzazione.

Noto storico nautico, si è sempre impegnato nella divulgazione relativa alla storia ed evoluzione della nautica, collaborando con diverse testate nazionali scrivendo articoli in materia. Recentemente è stato scelto come autore e protagonista del primo format televisivo dedicato al restauro nautico: “affari al timone” attualmente in onda su Amazon Prime Video.

Dal 2022 ricopre la carica di vicepresidente del “CIM – ComitéInternational de la Méditerranée du yachting classique”, massima istituzione internazionale per la vela d’epoca.