Non si placano le proteste in Birmania dopo il golpe dei militari che ha deposto San Suu Kyi, proclamando la legge marziale.
NAYPYIDAW – Situazione sempre più esplosiva nell’ex Birmania dopo il colpo di stato.
Birmania, proteste di piazza
Nonostante la proclamazione della legge marziale, con internet bloccato e la minaccia di tre anni di carcere in caso di violazione delle norme anti-Covid, migliaia di persone sono scese nelle strade di Rangoon per protestare contro la giunta militare che ha deposto il governo rappresentato da Aung San Suu Kyi.
“Oggi dobbiamo combattere fino alla fine, mostrare la nostra unità e la nostra forza per porre fine al regime militare. La gente deve scendere in piazza” in massa, ha detto ad AFP uno studente.
La preoccupazione dell’Onu
Il relatore delle Nazioni Unite Tom Andrews ha detto di temere nuove violenze dopo essere stato informato dell’invio di truppe “dalle regioni periferiche a Rangoon“.
Il monito di Occidente e Cina
Le cancellerie occidentali, con Washington e Londra in testa, hanno espresso preoccupazione e sdegno per quanto sta avvenendo in Myanmar. Il premier Johnson ha parlato chiaramente di “fabbricazione di prove giudiziarie” contro la deposta leader birmana Aung San Suu Kyi.
E anche la Cina stigmatizza il comportamento dei militari: “Il golpe non è affatto quello che la Cina vorrebbe vedere“, ha ammonito l’ambasciatore cinese nella ex Birmania, Chen Hai. “Avevamo notato da tempo la faida interna per le elezioni, ma non eravamo stati informati in anticipo di un cambiamento politico“.