La crescente adesione al congedo di paternità riflette un’evoluzione nella percezione del ruolo paterno in Italia.
Il congedo di paternità in Italia sta vivendo una vera e propria rivoluzione culturale, segnata da un aumento esponenziale dell’adesione da parte dei neopapà.
Uno studio di Save The Children, basato sugli ultimi dati forniti dall’Inps, evidenzia che la percentuale di padri che usufruisce del congedo di paternità obbligatorio si è più che triplicata fra il 2013 e il 2022, passando dal 19,26% al 64,02%.
L’evoluzione del congedo di paternità
L’introduzione del congedo di paternità nel 2012 ha rappresentato un importante cambiamento normativo, offrendo inizialmente un solo giorno obbligatorio e due facoltativi.
Come riportato da Tg24.sky.it, nel corso degli anni, il quadro normativo si è evoluto significativamente, arrivando oggi a garantire 10 giorni obbligatori e uno facoltativo, usufruibili in un arco temporale che va dai due mesi precedenti ai cinque successivi al parto.
Questa evoluzione normativa riflette l’importanza crescente attribuita al ruolo del padre nella cura e nell’educazione dei figli, incentivando una maggiore presenza paterna fin dai primi giorni di vita del neonato.
Disuguaglianze regionali e socioeconomiche
Nonostante il notevole aumento dell’adesione al congedo di paternità su scala nazionale, permangono significative disuguaglianze regionali e socioeconomiche. Al Nord Italia, ad esempio, la percentuale di padri che ne usufruiscono supera l’80% in province come Bergamo, Lecco, Treviso, Vicenza e Pordenone.
Mentre al Sud si registrano percentuali inferiori al 30%, con punte minime in province come Crotone, Trapani, Agrigento e Vibo Valentia.
Anche l’età e il contesto lavorativo dei padri influenzano l’utilizzo del congedo: i neopapà tra i 30 e i 49 anni e quelli impiegati in aziende medio-grandi sono i più propensi a usufruirne.
Questo evidenzia come il congedo parentale sia più facilmente accessibile ai lavoratori con contratti stabili e in contesti lavorativi strutturati, lasciando indietro chi si trova in situazioni lavorative più precarie.