Alla scoperta di Brazzale Spa, l’azienda Carbon Zero che assume solo over 60

Alla scoperta di Brazzale Spa, l’azienda Carbon Zero che assume solo over 60

Dal 1784 Brazzale produce burro e formaggi di altissima qualità, ma è leader soprattutto nel cogliere le nuove sfide dei nostri tempi.

Portare avanti una tradizione significa letteralmente farsi carico di una “consegna”, di una “trasmissione”, di saperi, competenze, valori, esperienze, pratiche, usi, costumi. Questo bagaglio non è però destinato a rimanere intatto, per la stessa natura del processo che lo coinvolge: di anno in anno, di generazione in generazione, ad ogni passaggio è inevitabile la contaminazione – anzi, questa si rivela vitale. Affinchè le conoscenze continuino ad avere rilevanza, infatti, esse devono mutare la loro forma ed essere in grado di plasmarsi su nuove epoche e nuovi tempi, assorbendo valori inediti e arricchendosi così di un significato maggiorato, sempre aggiornato e attuale.

Tra l’altopiano di Asiago e la pianura vicentina, l’azienda Brazzale Spa è maestra nel rinnovamento della tradizione, tramandando essa l’expertise veneta nella produzione casearia di alto livello da otto generazioni, ma riuscendo come pochi altri nell’arte dell’afferrare le sfide e i cambiamenti dei nostri tempi per farne opportunità di crescita e di creazione di valore. E’ facendo così che è riuscita nell’impresa gigante di azzerare le sue emissioni di CO2, ed è così che ha creato un welfare aziendale invidiabile, culminato nella decisione di assumere per un nuovo progetto solo over 60.

La nascita della più antica azienda lattiero casearia italiana

Quella di Brazzale Spa è un’avventura di famiglia, che parte ufficialmente nel 1784, ma che in realtà affonda le sue radici già nell’attività famigliare di allevamento di greggi della metà del 1600. Il nome chiave è, in ogni caso, quello di Giovanni Brazzale: “capostipite moderno” della stirpe, avvia sul finire del Settecento la produzione di burro e formaggi nelle malghe dell’altopiano di Asiago e la loro vendita giù, nella pianura intorno a Vicenza. Bisogna però aspettare l’arrivo di Giovanni Maria, affinchè l’attività faccia il grande salto: con una spiccata verve da businessman, infatti, egli acquista la fattoria di Zanè, dove si trasferisce con i parenti. Proprio lì, nasce qualche anno dopo la fine della Prima Guerra Mondiale il primo burrificio industriale italiano, nel quale prende vita il noto “Burro delle Alpi”.

Uno dei principali passaggi della storia della ditta è “l’incontro” con i formaggi grana: dopo aver iniziato la produzione di quello lodigiano e di quello piacentino, creano per primi il grana veneto, e fondano nel 1954 il Consorzio di Tutela del nuovo prodotto, che diventa il celeberrimo Grana Padano. Tra espansioni e nuovi stabilimenti, gli anni Ottanta sono altrettanto importanti, in quanto vedono la creazione del marchio “Alpilatte”, che va a coprire una vasta gamma di formaggi confezionati, oltre ai moderni latte e panna UHT.

L’internazionalizzazione: “fare le cose dove riescono meglio”

Con l’inizio del nuovo millennio, insieme all’ingresso della famiglia Zaupa e dei loro formaggi a pasta filata nel gruppo, l’impresa casearia intraprende un percorso frutto di una consapevolezza maturata col tempo e che oggi è uno dei pilastri dell’azienda: quello dell’internazionalizzazione. Viene creata una vera e propria filiera in Repubblica Ceca, nella regione agricola della Moravia, caratterizzata da ampi spazi per gli animali e dall’ecosostenibilità, che dà vita ad un grande esempio di “evoluzione della tradizione”, con la nascita delle forme Gran Moravia. Più tardi, viene avviato il progetto Silvi Pastoril, allevamento di bovini al pascolo in Brasile, che ha visto la riforestazione dell’area con circa 600mila alberi di eucaliptus piantati, e viene aperta la prima sede dell’azienda in Cina.

Tutto motivato da un’idea molto forte: quella di “fare le cose dove riescono meglio”. Si tratta cioè di scegliere la località geografica migliore in base alla specifica produzione, abbandonando l’obbligo di rimanere ancorati ad un unico territorio, e puntando invece alla qualità e alla sostenibilità dei prodotti. Per fare questo, la famiglia Brazzale ha abbandonato la prestigiosa etichetta DOP, entrando nei “100 imprenditori più coraggiosi d’Italia”, secondo Capital.

Le nuove sfide: il benessere dei dipendenti e l’ambiente

Come dicevamo, la Brazzale Spa è un esempio virtuoso in diversi campi. L’azienda veneta ha particolarmente a cuore il benessere delle persone da cui è composta – si parla di 1000 lavoratori in tutto il mondo: per questo, implementa iniziative di welfare molto importanti, come quella di qualche anno fa di offrire ai dipendenti con figli un bonus bebè pari ad una mensilità e un anno di congedo in più a spese della ditta. Più recente è poi la scelta di assumere solo personale con più di 60 anni per la nuova sezione dedicata alla vendita di prodotti di alta gamma: non beneficienza, ma il riconoscimento di quanto le persone con esperienza possano portare nuova linfa ad un’azienda. “Sono professionisti che hanno grandi doti e non troverei nessun altro come loro” commenta Roberto Brazzale al Corriere del Veneto.

E poi c’è la salvaguardia dell’ambiente. Con le sue filiere eco-sostenibili create in territori selezionati con cura per via delle loro caratteristiche (anche climatiche), nelle quali l’azienda risparmia acqua e favorisce un modello zootecnico rispettoso, la Brazzale è riuscita nell’impresa di raggiungere la neutralità di carbonio, ricevendo la certificazione di Carbon Zero. Grazie alla riforestazione in Brasile e ad altre iniziative, infatti, le 45mila tonnellate di CO2 prodotte dai suoi stabilimenti in un anno vengono completamente assorbite dalle 54mila tonnellate recuperate soprattutto attraverso la fotosintesi. Un bilancio, dunque, addirittura in positivo, che stupisce specialmente perchè è andato di pari passo con una crescita di produzione e produttività di quasi tre volte.