Un’indagine della Procura di Palermo porta alla luce presunti legami tra politica e mafia: il caso scuote il panorama della sinistra italiana.
Un nuovo terremoto giudiziario si abbatte sul Partito Democratico in Sicilia facendo tremare la sinistra. L’ex senatore Antonino Papania, politico di lungo corso ed ex assessore regionale al Lavoro, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso. Il procedimento coinvolge altre dodici persone, tra cui esponenti della criminalità organizzata.
Sinistra in tilt: intercettazioni e il presunto accordo con la mafia
Secondo la Procura di Palermo, Papania avrebbe ottenuto voti per il suo movimento politico Via (Valore, Impegno, Azione) tramite accordi con il boss di Alcamo, Giosuè Di Gregorio, e con l’ex vicesindaco del comune siciliano, Pasquale Perricone. Entrambi sono stati rinviati a giudizio.
Nei giorni scorsi, il Tribunale del Riesame di Palermo ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Papania e Perricone, confermando così la gravità delle accuse mosse nei loro confronti.
Le indagini della Procura si basano su un’articolata attività di intercettazione, che avrebbe rivelato il presunto scambio illecito tra il politico e la criminalità organizzata. In particolare, in un’intercettazione ambientale, il boss Di Gregorio affermava: “Dobbiamo votare questo… perché il senatore mi ha preparato 2mila euro che mi darà mercoledì, Papania, hai capito?”.
Oltre al denaro, gli inquirenti ipotizzano che Papania abbia promesso ulteriori favori, tra cui posti di lavoro e altre utilità. Secondo la Procura, il politico avrebbe esercitato la propria influenza sul territorio di Alcamo e nei comuni limitrofi, senza esitazione nel rivolgersi a esponenti di spicco della mafia locale.
Gli intrecci tra politica e criminalità organizzata
Figura centrale nelle indagini è proprio Giosuè Di Gregorio, descritto nei dossier investigativi come un “ministro degli Esteri” della famiglia mafiosa di Alcamo, con legami anche con la ‘ndrangheta calabrese. Secondo gli inquirenti, la sua influenza sarebbe stata determinante per l’elezione di esponenti politici locali, tra cui Angelo Rocca, coordinatore provinciale di Via.
Dalle ricostruzioni emerge che Papania avrebbe pagato il boss per garantire un pacchetto di voti a favore di Rocca in occasione delle elezioni regionali del 2022. Numerosi incontri tra Di Gregorio e Perricone sono stati documentati tra agosto e settembre dello stesso anno, confermando l’esistenza di rapporti diretti e consolidati.
Un’altra inchiesta su Papania: fondi pubblici e presunti illeciti
Parallelamente al caso di voto di scambio, l’ex senatore dem è coinvolto in un’altra indagine, relativa all’uso illecito di fondi pubblici destinati alla formazione professionale. Secondo la Procura, Papania avrebbe sottratto circa 800mila euro, ai quali si aggiungerebbero altri 2,5 milioni di euro di fondi europei destinati all’inserimento lavorativo di giovani e disoccupati.
L’ex parlamentare avrebbe utilizzato tali risorse per fini personali e per finanziare il proprio movimento politico. In totale, gli vengono contestati 24 capi d’accusa, tra cui truffa aggravata, corruzione, malversazione e riciclaggio. Secondo gli investigatori, quei fondi sarebbero stati impiegati anche per “comprare” politici avversari, convincendoli a passare dalla sua parte con promesse e compensazioni economiche.
“La pratica del trasformismo politico sarebbe lecita, atteso che l’eletto non deve rendere conto al partito che lo ha candidato o all’elettore che lo ha votato, ma non, come emerge dalle indagini, quando detto cambio di casacca sottenda illecite promesse o percezioni di utilità”, si legge nella richiesta di arresto formulata dalla Procura.
L’inchiesta potrebbe allargarsi ulteriormente, con possibili nuovi sviluppi nelle prossime settimane: la sinistra – nel frattempo – si sente evidentemente spaesata per questa nuova “tegola”.