Investimenti sfavillanti, scandali oscuri: il calcio saudita fa la sua mossa, ma a quale prezzo?
Il calcio saudita sta vivendo una fase di rinascimento ambigua e controversa, con l’Arabia Saudita che cerca di costruire una lega competitiva attirando stelle del calibro di Cristiano Ronaldo, Karim Benzema e N’Golo Kantè. Questa nuova spinta nel calcio internazionale fa parte del più ampio progetto Saudi Vision 2030, attraverso il quale il governo saudita mira a diversificare l’economia del paese e ridurre la sua dipendenza dal petrolio.
Tuttavia, le connessioni sospette tra il calcio saudita e altre nazioni, come il Qatar e il suo coinvolgimento nei Mondiali del 2022, sollevano domande sulla trasparenza e sull’etica di tali operazioni. Si parla di “sportwashing”, una pratica in cui il calcio viene utilizzato per coprire condotte illecite o migliorare la reputazione di governi o aziende.
I finanziamenti provenienti dal fondo statale PIF (Public Investment Fund) consentono ai club sauditi di offrire contratti folli ai giocatori, ma ciò solleva preoccupazioni sui diritti umani, visto che spesso tali investimenti si basano sul lavoro sottopagato degli immigrati.
Il calcio saudita si trova quindi di fronte a un futuro incerto: alcuni sperano che il sistema collassi su se stesso, mentre altri si preoccupano per il destino del vero spirito del gioco, oscurato da ingenti somme di denaro e scandali correnti.
In questo panorama, le istituzioni calcistiche come UEFA e FIFA sembrano restare silenziose, con interessi interni che potrebbero influenzare la loro capacità di agire contro comportamenti controversi.
Il calcio saudita, dunque, vive un momento di rinascita oscura, dove lussi sfarzosi si mescolano a dubbie pratiche e disillusione per i veri appassionati che vedono il gioco tradito da interessi di potere.