Caso Cospito, nella lettera: “Sono pronto a morire”

Caso Cospito, nella lettera: “Sono pronto a morire”

Gli anarchici annunciano, per giovedì, un presidio sotto la sede di FdI a Milano per protestare contro il 41 bis di Cospito.

Le condizioni di salute dell’anarchico Alfredo Cospito si sono aggravate a causa dello sciopero della fame che dura da quasi quattro mesi. Ma non ha paura di morire, anzi, è ciò a cui si è preparato a fare “per far conoscere al mondo cosa è veramente il 41 bis”. Così scrive in una lettera in cui condanna il regime carcerario duro.

prigione, cella

La lettera di Cospito

Nei giorni scorso, Cospito ha lasciato l’ospedale San Paolo di Milano dove era stato ricoverato per alcuni giorni, a causa delle sue condizioni di salute aggravate per il perdurare dello sciopero della fame. Adesso arriva una lettera dell’anarchico contro il carcere duro, che afferma di essere pronto a morire in cella.

“Settecentocinquanta persone lo subiscono senza fiatare. Il più grande insulto per un anarchico è quello di essere accusato di dare o ricevere ordini”, scrive. Poi aggiunge: “Quando ero al regime di alta sorveglianza avevo comunque la censura e non ho mai spedito pizzini ma articoli per riviste anarchiche, mi era permesso di leggere quello che volevo, di evolvere.”

“Ricorso alla Corte europea”

Intanto il legale dell’anarchico, Flavio Rossi Albertini, annuncia che farà ricorso alla Corte europea dei diritti umani, per richiedere un provvedimento d’urgenza. In 113 giorni di carcere Cospito ha perso 50 chili, dopo essersi privato completamente sia di cibo che di integratori, potassio e zucchero. “Un anarchico che dà ordini è un ossimoro e ritenere che lui possa farlo gli fa vivere questa situazione come una violenza”, afferma l’avvocato.

La protesta degli anarchici

A seguito della decisione della Cassazione di non revocare il 41 bis per Alfredo Cospito, i manifestanti hanno annunciato l’arrivo di una nuova protesta, che preoccupa lo Stato. Sul web si legge: “Il compagno morirà, lo Stato è il suo boia. Coloro che amministrano e mantengono lo status quo e i regimi di detenzione speciale sono persone in carne e ossa, con nomi e indirizzi”.