Nel processo per l’omicidio di Saman Abbas spunta una nuova prova, un telefono fantasma passato di mano in mano.
Nel caso di Saman Abbas, la 18enne uccisa dalla sua famiglia, spunta un’altra prova che potrebbe cambiare il corso del processo. Si tratta di un telefono fantasma, ovvero un’utenza che sembra passata di mano in mano di tre dei protagonisti dell’assassinio. Durante le indagini quest’utenza era stata attribuita allo zio Danish ma ora si è scoperto che ad attivare questo telefono sarebbe stato il padre, Shabbar Abbas.
Questo telefono era stato attivato il 27 aprile 2021, pochi giorni prima dell’omicidio della giovane Saman Abbas. Così sostengono il difensore dello zio Danish e un carabiniere di Guastalla che ha indagato sul caso. “Dal 29 aprile all’uno maggio sarebbe stata in uso esclusivo del fratello della vittima, dall’1 al 5 maggio risulta essere abbinata a Danish. Quantomeno dal 14 maggio è tornata al fratello”, ovvero il giorno in cui sono cominciate le intercettazioni.
Cosa cambia nella vicenda ora?
Il numero quindi sarebbe stato riconducibile a tre degli imputati, il papà, lo zio e poi il fratello della vittima. Secondo l’avvocato, questa scoperta potrebbe avere “un ruolo importante”, addirittura “un peso enorme” perché nei colloqui tra Danish e Shabbar, a parlare in realtà non è Danish. “Questo significa tagliare un pezzo della pellicola, poi il resto è tutto da scrivere. In particolare, consideriamo che in queste conversazioni è coinvolto il fratello di Saman, ritenuto dagli inquirenti il grande accusatore” dice il difensore dello zio.
Significative anche le date, perché il 27 aprile è il giorno in cui il padre della vittima acquista il biglietto per fuggire in Pakistan insieme alla moglie dopo il delitto della figlia. Tutto premeditato. Nel frattempo, ci saranno sopralluoghi congiunti nella casa dove viveva la ragazza e la famiglia.