Caso Soncini, l’inviato de Le Iene Luigi Pelazza condannato a due mesi. Pena convertita e sospesa.
Il noto e stimato inviato de le Iene Luigi Pelazza è stato condannato a due mesi di carcere dai giudici del Tribunale di Milano per violenza privata ai danni di Soncini, nota giornalista.
Il caso Soncini
Il caso è quello legato all’introduzione dello stesso Pelazza nello stabile di Guia Soncini. L’inviato de le Iene si era finto un corriere per riuscire ad entrare nell’edificio, secondo i giudici del Tribunale “con violenza esercitata in modo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione della parte offesa, le impedivano di accedere alla palazzina e con analoga violenza le impedivano di fare rientro nella propria abitazione, costringendola a tollerare la loro presenza con una serie insistente di domande alle quali la parte offesa dichiarava da subito di non voler rispondere“.
Pelazza avrebbe voluto intervistare la Soncini su un’indagine che vedeva coinvolta proprio la giornalista.
L’inviato de Le Iene Luigi Pelazza condannato a due mesi per violenza privata
Il Tribunale di Milano ha condannato Luigi Pelazza a due mesi di carcere. I due mesi di detenzione sono stati convertiti in una pena di 15.000 euro su richiesta dello stesso Pelazza e sospesa. Il secondo imputato, Osvaldo Camillo, il cameraman, è stato assolto in quanto non c’è certezza che fosse con l’inviato.
Pelazza, “Accettiamo la sentenza ma riteniamo di non aver sbagliato”
“Accettiamo questa sentenza ma è ovvio che riteniamo di non aver sbagliato, quindi ricorreremo in Appello e in Cassazione. Questo è sicuro, perché non è nostra abitudine usare violenza nei confronti delle persone, e soprattutto delle donne. Ma ti pare che noi andiamo a usare violenza, ingiuriare, molestare? Assolutamente no“, ha dichiarato Pelazza commentando la sentenza come riferito da il Corriere della Sera.
“Noi l’abbiamo aspettata all’ingresso del suo cortile – racconta Pelazza -. Lei ci ha riconosciuti, ha tentato di entrare nell’androne, e in effetti riguardando il filmato io, cercando di avvicinare il microfono, mi sono messo in mezzo fra lei e lo stipite della porta. Quindi è possibile che io le abbia impedito per un secondo di chiudere. Un secondo uno […]. Poi lei è entrata in ascensore, ma si è seduta lì a parlare con noi e abbiamo parlato. E siamo andati via. Il giudice ha ritenuto che questo tipo di atteggiamento non è consono, perché poteva essere non violento, ma infastidente”.