La certificazione per la parità di genere
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Direttore: Alessandro Plateroti

La certificazione per la parità di genere piace

Uguaglianza di genere

La certificazione di parità piace. Lo attestano i risultati raccolti da Winning Women Institute, una delle realtà che assiste le organizzazioni nel percorso necessario per essere certificate.

La certificazione, che certamente ha rappresentato una delle grandi novità introdotte dal PNRR, ha, lo ricordiamo, il fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione: alle opportunità di crescita, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Ogni organizzazione può decidere di effettuare un percorso, all’esito del quale, un ente terzo e indipendente attribuirà all’organizzazione, che abbia raggiunto un determinato punteggio, la certificazione. 

In concreto, l’organizzazione sarà esaminata con riferimento a sei aree di intervento particolarmente sensibili:

  • cultura e strategia;
  • governance;
  • processi HR, opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda;
  • equità remunerativa per genere;
  • tutela della genitorialità;
  • conciliazione vita – lavoro.

Per ciascuna di queste aree l’organizzazione dovrà, raggiungere un punteggio, non inferiore a 60 su 100, che sarà misurato su una serie di parametri, via via meno stringenti quanto l’organizzazione è piccola.

In una recente intervista, la presidente di Winning Women Institute, Paola Corna Pellegrini, ha dichiarato che molte organizzazioni che già da tempo avevano pianificato iniziative orientate all’equità di genere, hanno scelto la certificazione di parità quale occasione per misurare e i risultati raggiunti.

Ma a sorprendere è il fatto che questo strumento sia stato adottato anche da organizzazioni che non avevano ancora messo a terra iniziative volte all’equità di genere e che hanno invece sfruttato l’opportunità di certificarsi come occasione per adottare politiche specifiche, sistematizzarle e calarle nel concreto della propria realtà.

Le PMI sono le imprese con le % più alte

E non parliamo solo di imprese di grandi dimensioni. Queste ultime, che vantano più di 250 occupati, secondo il sondaggio di Winning Women Institute, rappresentano solo il 15% del totale; le medie (da 50 e 249 occupati) sono il 32%; le piccole (da 10 a 49 occupati) il 38% mentre le micro, con meno di 10 dipendenti, costituiscono il restante 15%.

Sono numeri che parlano: le PMI, che rappresentano il tessuto imprenditoriale del paese, hanno più di tutte recepito il messaggio veicolato dalle norme sulla certificazione, e parliamo di aziende che possono avere un numero di occupati davvero ridotti.

Donne che lavorano in gruppo
Donne ai vertici assumono atteggiamenti di mentorship – newsmondo.it

I benefici e i vantaggi

Certamente la normativa offre benefici fiscali, vantaggi per la partecipazione alle gare di appalto e un innegabile ritorno di immagine nella nostra società sempre più attenta alle tematiche dell’inclusione femminile, ma è chiaro che l’intento di favorire una partecipazione qualitativamente migliore delle donne nell’impresa è sentito. 

Scelta peraltro lungimirante per l’impresa ma non solo: una maggior partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro comporterebbe un aumento del PIL del 7,4% mentre, laddove il livello di occupazione femminile raggiungesse quello maschile, il PIL aumenterebbe addirittura del 12%!

Ultimo dato molto interessante è che certamente le imprese certificate sono, per il 20% in Lombardia, seguita dal Lazio e dalla Campania e le tre Regioni rappresentano da sole il 40% del totale ma, è altrettanto vero che le imprese certificate sono presenti anche nel resto d’Italia a partire dall’ Emilia Romagna, seguita dalla Puglia, dal Veneto e dal Piemonte. 

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ultimo aggiornamento: 6 Novembre 2025 9:03

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