Giornalista e scrittore con studi in Filosofia: scopriamo carriera e vita privata di Alessandro Giuli, nuovo ministro della Cultura.
Il caso Sangiuliano-Boccia ha scosso il governo portando il ministro della Cultura alle dimissioni. A prendere il suo posto in modo ufficiale è stato Alessandro Giuli, a tutti gli effetti nuovo titolare del ministero della Cultura. Andiamo a scoprire meglio chi è l’uomo con una carriera da giornalista e scrittore e anni di studio in Filosofia.
Alessandro Giuli, biografia e carriera
Nato a Roma il 27 settembre del 1975, Alessandro Giuli ha fatto un percorso importante a livello di studi. Dopo aver conseguito il diploma presso il liceo classico Torquato Tasso di Roma nel 1994, si è iscritto alla facoltà di Filosofia presso l’Università La Sapienza. In questo senso, però. non ha mai conseguito la laurea, motivo per il quale ci sono state alcune critiche, attualmente, dopo la nomina a Ministro della Cultura.
La carriera di Giuli si è sviluppata soprattutto nel mondo del giornalismo e della cultura, con il successivo passaggio al mondo politico. L’uomo è stato prima vicedirettore (2008) e poi condirettore (fino al 2017) de Il Foglio. Nel 2020 ecco il televisione dove ha condotto con Francesca Fagnani Seconda linea su Rai 2.
Dal novembre 2022 è alla presidenza del Maxxi, il Museo nazionale delle arti del XX secolo. Nel settembre 2024, come noto, è diventato ufficialmente il nuovo Ministro della Cultura ricevendo anche sui social i complimenti dei vari partiti come FdI.
La vita privata
Sebbene Giuli sia piuttosto riservato per quanto concerne la vita privata, è noto che il nuovo ministro della Cultura dopo Sangiuliano sia sposato con la giornalista Valeria Falcioni. Con la donna hanno avuto due figli, nati nel 2016 e nel 2019.
Le curiosità
Diverse le curiosità relative ad Alessandro Giuli. Nota, infatti, la sua passione per i vini e il fatto che collezioni sigari. Importante la sua passione per Gramsci, un fatto decisamente insolito per un uomo con idee e simpatie di destra. “Vittima di un regime brutale e al tempo stesso teorico di una dittatura, quella del proletariato. Però eterodosso, consapevole che non c’è politica senza cultura politica e non c’è cultura senza conoscenza profonda della società, delle tradizioni popolari, dei saperi marginali provenienti dai ceti subalterni così come della competenza delle burocrazie di carriera…”, aveva detto al settimanale 7 del Corriere della Sera.